Terminata ieri sera la seconda parte. Bellissima.
Ho apprezzato molto sia il proseguo del racconto che la parte storico-saggistica. Infatti, oltre a promuovere una bella rispolverata di un evento storico che ha segnato uno spartiacque per tutto il progresso umano, queste lunghe digressioni concorrono ad accrescere la tensione e la suspence e fanno sì che, proprio per conoscere al più presto il corso degli eventi, si proceda molto lesti nella lettura.
E sull’importanza di questo periodo storico lo stesso Hugo è piuttosto esplicito: “A partire dal 1792, tutte le rivoluzioni d’Europa sono la rivoluzione francese; la libertà s’irradia dalla Francia. È un fatto lampante. Cieco chi non lo vede! È stato Bonaparte a dirlo.”
Come qualcuno ha già evidenziato, l’attualità del romanzo è spaventosa. Alzi la mano chi, leggendo il passo che segue, non ha pensato, con un velo di tristezza, a come i soldi spesi ai nostri giorni in armamenti non potrebbero essere spesi in cose più utili.
“È stato calcolato che in salve, convenevoli regali e militari, scambi di fracassi di cortesia, segnali d’etichetta, formalità di rada e di cittadella, levare e calar del sole salutati ogni giorno da tutte le fortezze e tutte le navi da guerra, apertura e chiusura delle porte eccetera eccetera, il mondo civile sparava in tutta la terra, ogni ventiquattr’ore, centocinquantamila colpi di cannone inutili. A sei franchi ogni cannonata, fanno novecentomila franchi al giorno, trecento milioni all’anno che se ne vanno in fumo. E non è che un dettaglio. Intanto i poveri muoiono di fame.”
Mi ha molto impressionato la descrizione della realtà monastica femminile. Sicuramente a Hugo, così come fa con la caratterizzazione dei suoi personaggi, piace muoversi sempre al limite (on the edge, direbbero gli inglesi), andando a scegliere l’ordine monastico “con la seconda regola più dura dopo quella delle carmelitane”. Tuttavia, non è forse questo che vogliamo dalla letteratura? Poter vivere eventi e situazioni estreme che altrimenti ci sarebbero precluse?
Pur essendo consapevole che la vita monastica poteva, specie in passato, rivelarsi molto dura, a tratti, la descrizione di Hugo mi sembrava quasi più adatta ad una setta di masochisti esaltati, più che a un ordine monastico. Mi riferisco, per esempio, a pratiche come l’adorazione perpetua o l’uso di indumenti capaci di generare febbri, la confessione pubblica o la ripetizione ad ogni piè sospinto di giaculatorie che hanno lo scopo di “troncare il pensiero e di ricondurlo sempre a Dio”. Si tratta di una disciplina fisica e psicologica che, quando non deriva da una scelta volontaria, è forse peggio del regime a cui sono sottoposti i forzati del bagno penale (“Nel chiostro, l’inferno viene accettato come anticipo sul paradiso.”). Bellissimo, a tal proposito, il parallelo tra le due realtà, come aleinviaggio ha già sottolineato.
Ovviamente anche sta volta Hugo non mi ha risparmiato qualche pugno nella pancia. Ma per ben ridir dell’emozioni che provai…