SINOSSI

La vita agra segnò per Luciano Bianciardi il momento dell'autentico successo, un successo che non tardò a fare entrare in sofferenza un intelletto indipendente come il suo. Il romanzo, ampiamente autobiografico, vede il protagonista lasciare la provincia e con essa la moglie e il figlioletto per andare a vivere a Milano. L'intento iniziale è far saltare un grattacielo, per vendicare i minatori morti in un incidente causato dalla scarsa sicurezza sul lavoro (il riferimento è all'incidente alla miniera di Ribolla del 1954, in cui persero la vita quarantatré minatori). Ma il protagonista vive in perenne bilico fra voglia di far esplodere il sistema e desiderio di esserne riconosciuto... A cinquant'anni dalla prima pubblicazione nel 1962, La vita agra resta uno sguardo sulle conseguenze umane e sociali del boom economico italiano, ricco di una scrittura irrequieta, precisa, impossibile da imbrigliare. Al romanzo si ispirò il celebre film "La vita agra" di Carlo Lizzani, con Ugo Tognazzi che interpretava il Bianciardi/protagonista.

RECENSIONE

Mi avevano avvisato, La vita agra è un romanzo estremamente attuale, nonostante siano passati sessant'anni dalla sua prima pubblicazione. Forse è stato proprio per questo che ho deciso di leggerlo, volevo capire in cosa, esattamente, eravamo rimasti fermi, proprio oggi poi, dove tutto sembra "evolversi" a gran velocità. All'inizio ho temuto di essere finito dentro a un testo precursore degli anni di piombo, perché il protagonista è veramente un tipo cazzuto e imprevedibile, disposto a lasciare la sua città e la sua famiglia per andare a compiere un atto vendicativo, anzi terroristico, in una Milano immersa fino al midollo osseo nel boom economico. A invogliare la lettura confluivano l'interesse per la vicenda – perché Milano non sembrava affatto un bengodi, ma soltanto un miscuglio di umanità avvilita e grigiore e misere stanze subaffittate ai nuovi schiavi del progresso – e una scrittura colta, spesso sagace se non addirittura irriverente, come quando vorresti ammazzare il mondo intero e invece sai bene che, di quel mondo, sei appena entrato a farne parte. E poi il romanzo si è messo a narrare di difficoltà quotidiane, come il contare i propri guadagni fino all'ultimo centesimo, il subire un licenziamento per "scarso rendimento", il reinventarsi una nuova occupazione, sempre con addosso quel senso avvilente di precarietà, mentre i giorni si susseguono uno dopo l'altro senza che l'amore, la misericordia, il senso di umanità, la gioia di vivere ne traggano più alcun vantaggio. A Milano, dove i nuovi modelli economici dovrebbero finalmente affermare la giustizia e l'uguaglianza – quelle vere intendo, quelle umane, politiche – i cittadini passano al fianco di moribondi senza soccorrerli, entrano in ufficio a testa bassa e senza salutare, girano alla larga da chi potrebbe portar loro dei guai. E alla sera entrano nelle loro case tristi, grigie, prive di anima e di speranza. Il protagonista, a quel punto, si guarda intorno, consapevole di non essere poi così diverso dagli altri. E allora comincia a sognare un mondo più giusto, lo immagina e lo costruisce nei dettagli, ma sì, un nuovo modello sociale dove si produce per sostentarsi, al diavolo la moneta e pure il baratto, ci sarà solo la "donazione". E il rispetto reciproco. E il tempo per parlare con gli altri, per aiutarci a vicenda. Utopia, forse. Ma in fondo chi se ne frega, mi viene da dire. Bianciardi ha fatto proprio bene. Il suo è solo un modo per protendere, almeno con la fantasia, verso qualcosa di migliore di quanto non si abbia oggi, nonostante tutti i secoli di storia che ci portiamo appresso.

[RECENSIONE A CURA DI PIERMATTEI]

Autore Luciano Bianciardi
Editore Feltrinelli
Pagine 199
Anno edizione 2013
Collana Universale economica
ISBN-10(13) 9788807881640
Prezzo di copertina 9,50 €
Prezzo e-book 6,99 €
Categoria Contemporaneo - Attualità - Sociale - Psicologico