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Mary Shelley, una donna diversa dalle altre della sua epoca: trasgrediva le regole imposte da una società avversa alle "donne scrittrici" che, d'altronde, scrivevano di filosofia, scienza, etica e… mostri. Secondo le consuetudini avrebbero dovuto solo seguire un sistema in cui avevano il compito di essere brave mogli e madri. Per questo motivo, i critici arrivarono a sostenere che Mary Shelley fosse mostruosa come il personaggio che aveva creato. La scrittrice, per tutta la sua vita, ha sempre sostenuto i principi femministi della madre, affermando che: "l'immaginazione e il genio letterario non hanno sesso".

Nacque come Mary Wollstonecraft Godwin, a Londra, nel 1797 dal romanziere politico William Godwin e dalla celebre filosofa e antesignana del movimento femminile Mary Wollstonecraft – la madre morì dieci giorni dopo averla data alla luce. Mary visse un'infanzia abbastanza felice e tranquilla con la sorella maggiore e il padre, finché quest'ultimo non si risposò con la vicina di casa, Jane Clairmont, con cui la piccola non riusciva a istaurare un buon rapporto.

Non seguì un'istruzione formale in quanto fu lo stesso padre, William, a farle da mentore. Infatti, la sua casa era spesso frequentata da celebri intellettuali che recitavano alcune opere ad alta voce, e la piccola Mary era solita nascondersi dietro il divano ad ascoltare.

Nel 1814 incontrò il poeta e filosofo Percy Bysshe Shelley, assiduo ospite di William Godwin, cui aiutava a sanare i debiti. In breve tempo, Percy e Mary iniziarono una relazione che fu fortemente ostacolata dal padre di lei poiché il poeta risultava già sposato. Nello stesso anno, i due amanti fuggirono in Francia e in seguito in Svizzera, portando con sé la sorellastra di Mary, Claire Clairmont.

Durante i viaggi, la coppia teneva un diario comune nel quale scrivevano della propria vita. Improvvisamente, per mancanza di denaro, il trio decise di tornare in Inghilterra ma, lì, fecero fronte a una vita piuttosto difficile perché la buona società inglese rifiutava di accoglierli, e lo stesso Godwin non voleva più avere contatti con la figlia.

Dopo pochi mesi, Percy e Mary si sposarono e lei iniziò a definirsi la "Signora Shelley". Nel 1816 i tre, oltre al figlio della coppia, si misero in viaggio verso Ginevra per trascorrere l'estate a Villa Diodati, dimora di Lord Byron con cui Claire Clairmont aveva una relazione. Fu in quella dimora, durante una sfida letteraria lanciata da Byron, che Mary concepì nel dormiveglia l'idea di scrivere Frankenstein:

"Vedevo – a occhi chiusi ma con una percezione mentale acuta – il pallido studioso di arti profane inginocchiato accanto alla "cosa" che aveva messo insieme. Vedevo l'orrenda sagoma di un uomo sdraiato, e poi, all'entrata in funzione di qualche potente macchinario, lo vedevo mostrare segni di vita e muoversi di un movimento impacciato, quasi vitale. Una cosa terrificante, perché terrificante sarebbe stato il risultato di un qualsiasi tentativo umano di imitare lo stupendo meccanismo del Creatore del mondo."

Shelley, durante la stesura, scrive una storia dentro una storia, infatti il romanzo è caratterizzato dal Punto di Vista in Prima Persona di tipo Multiplo raccolta dal capitano Walton in quattro lettere che si trovano all'inizio del romanzo: le testimonianze fatte in prima persona dal dottor Victor Frankenstein, il quale, a sua volta, riferisce a Walton i racconti della sua Creatura, sempre in prima persona, come se fosse quest'ultima a parlare. Nonostante la prima parte della narrazione sia dedicata al dottor Victor Frankenstein, il personaggio principale di questo capolavoro è la creatura generata dallo scienziato e la sua ideazione, raccontata in seguito da Mary, è data da diversi fattori: la morte della madre dopo il parto, il rifiuto del padre e la condanna da parte della società per aver scelto di amare un uomo sposato.

L'intero romanzo, inoltre, sottolinea tematiche attuali tutt'oggi: la disobbedienza, la creatura si ribella al suo creatore; l'onnipotenza dove Victor Frankenstein si paragona al Dio Creatore; il pregiudizio, tema utilizzato anche dal filosofo Jean-Jacques Rousseau, il quale sosteneva che l'uomo in realtà è un essere buono, ma che la società, purtroppo, lo rende egoista e malvagio. Così accade alla creatura che Frankenstein (o il Prometeo moderno) fa tornare alla vita: un mostro buono e innocente ma, quando viene a contatto con la società che lo rifiuta per via del suo aspetto mostruoso, diventa vendicativo e malvagio.

Mary concluse il romanzo nel 1817 e l'anno successivo venne pubblicato, ma non fu riconosciuto dagli editori e critici come un romanzo scritto da una donna, bensì credettero che il vero autore fosse Percy Shelley. L'autrice lottò per far riconoscere i suoi diritti finché, solo con la seconda edizione, riuscì a ottenere il suo nome stampato sulla copertina. Nel 1820 scrisse Proserpina: opera tratta dal mito greco che racconta della separazione della figlia dalla madre, e dal sostegno che riceverà dalla comunità di sole donne.

Nel 1822 Percy B. Shelley morì durante un naufragio nel golfo di La Spezia, così Mary decise di tornare in Inghilterra, dove continuò a scrivere altre opere, tra cui Valperga (1823): romanzo storico ambientato in Italia durante il Medioevo e che tratta le tematiche femministe e romantiche. Tre anni dopo scrisse L'ultimo uomo, considerato oggi il secondo romanzo più celebre dopo Frankenstein: narra della fine dell'umanità colpita dalla peste.

I suoi ultimi anni furono segnati dalle malattie che le impedirono di leggere e scrivere. Morì all'età di cinquantaquattro anni.

Possiamo considerare Mary Shelley una donna indipendente che è riuscita, agli occhi di una società chiusa, a crearsi uno spazio letterario scrivendo nelle sue opere la sua visione della vita, diventando fonte d'ispirazione per altre scrittrici, sollevando tematiche femministe che ancora oggi vengono discusse.

(articolo a cura di Giulia Sposito)

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