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Il Libro del Mese di questo (caldissimo) Luglio 2023 è una delle opere più identificative del suo autore: Luigi Pirandello.

Pirandello nasce il 28 giugno 1867 ad Agrigento. Frequenta il liceo classico di Palermo e si iscrive poi contemporaneamente alla facoltà di lettere e a quella di legge. Durante gli studi abbandona la sua Sicilia per spostarsi a Roma, dove vivrà per tutta la vita. Si laurea a Bonn e tornato a Roma, nel 1894, sposa Maria Antonietta Portulano, dalla quale avrà tre figli. Dal 1897 diventa docente universitario anche se, a causa delle difficoltà economiche, cerca di arrotondare anche con lezioni private e collaborazioni con riviste e giornali.

Oltre al denaro, Pirandello deve occuparsi anche della malattia mentale della moglie, che non riesce a reggere il peso di tali problemi, tanto da venire internata in una clinica psichiatrica nel 1919. Dal 1902 Pirandello pubblica una serie di romanzi che avranno uno più successo dell'altro, tra cui i Quaderni di Serafino Gubbio Operatore (1925), fino al grande Uno, nessuno e centomila.

L'altra sua grande passione però è sempre stata il teatro, che non ha abbandonato nemmeno nei momenti più controversi, scrivendo e mettendo in scena commedie sempre acclamate, fino alla famosa Sei personaggi in cerca di autore. Quest'ultima non viene compresa dal pubblico italiano, ma trova un'accoglienza entusiasta in altre città del mondo (come Parigi e New York) in cui l'autore inizia a viaggiare. Finalmente, nel 1925, assume la direzione artistica del Teatro D'Arte di Roma, di cui si occuperà fino alla sua morte.

Un passo falso nella vita di questo grande intellettuale fu l'adesione al fascismo nel 1924. Pirandello sembra vedervi un movimento rivoluzionario, ma poco dopo si renderà conto del suo errore, criticando questo "movimento" in una delle sue ultime opere (I giganti della montagna, terminata poi dal figlio Stefano). Fu comunque un gesto eclatante per un uomo che si era sempre dichiarato apolitico.
Nel 1934 vince il premio Nobel per la letteratura ed esattamente due anni dopo, nel 1936, muore per una polmonite.

Nell'opera da noi presa in considerazione, Pirandello esprime tutto il suo disappunto per il cinema; non solo da un punto di vista ideologico, ma anche dal punto di vista narrativo. Egli predilige il teatro perché in continua evoluzione, un film invece una volta finito è fissato nella sua forma e non più modificabile. Inoltre, si era iniziato ad assecondare il pubblico, catturando la sua attenzione con "escamotage esotici" (come, in questo caso, la tigre) che Pirandello trovava ridicoli. La scrive nel 1915 con il titolo "Si gira...", tuttavia cambiandolo e pubblicandolo solo dieci anni dopo. La trama, alquanto particolare, esprime la preoccupazione di Pirandello riguardo la spersonalizzazione e la meccanizzazione dell'uomo. L'alienazione di Serafino lo rende un tutt'uno con la cinepresa, anche in situazioni paradossali e pericolose. La perdita della parola del protagonista dopo l'evento traumatizzante al centro del romanzo rappresenta, più generalmente, il silenzio dell'intellettuale (e dello stesso Pirandello) nei confronti di una realtà sulla quale non si può dire più nulla di certo.

(articolo a cura di Sveva Serra)

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