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Il Libro del Mese con cui chiudiamo questo 2023 è un racconto distopico e fantascientifico soggetto a diverse interpretazioni. Philiph K. Dick lo scrisse nel 1968, lasciandosi ispirare molto probabilmente dalla creazione di Shakey nel 1966, uno dei primi robot mobili dotati di intelligenza artificiale. Fu un passo importante verso la realizzazione di sistemi in grado di interagire con il mondo reale, che avrà alimentato i pensieri già pessimisti e paranoici dell'autore. Egli, infatti, costruisce uno scenario inquietante e distorto nel quale anche l'uomo è stato duplicato, iniziando così una caccia agli androidi. Solo dopo la sua morte nel 1982, Dick è stato ampiamente rivalutato come un importante autore postmoderno, precursore della corrente artistico-letteraria dell'Avantpop.

Il genere può non piacere, ma indubbiamente la lettura di quest'opera ci offre diversi argomenti di discussione. In primis lo scenario della guerra (che ancora oggi ci riguarda) e delle sue estreme conseguenze, l'idea sempre presente nell'uomo di andare nello spazio (per scoperta o per necessità), la tematica della duplicazione (diventata reale nel 1996 con la pecora Dolly, circa 30 anni dopo l'uscita del libro) e infine – ciò su cui poniamo l'attenzione nelle prossime righe – il tema dell'intelligenza artificiale. I robot e le innovazioni tecnologiche in linea generale sono solo degli strumenti che l'autore ha usato per dare uno sfondo ai suoi dubbi sulla realtà e su come potrebbero manipolarci alterandola. Gli anni però sono passati e, se per Dick questo era solo uno sfondo o un escamotage, oggi è una possibilità più tangibile di quanto avremmo immaginato.

L'intelligenza artificiale (AI, Artificial intelligence) è una tecnologia informatica attraverso cui le macchine e i sistemi informatici simulano i processi di intelligenza umana. Il termine è stato coniato nel 1955 da John McCarthy e sin da allora è stato fonte di innovazione e progresso in molti ambiti. Anche i rischi però non sono da sottovalutare, infatti 350 scienziati e ingegneri hanno firmato lo scorso maggio un comunicato pubblicato dalla no-profit Center for AI Safety per dichiarare la loro preoccupazione a riguardo; non più soltanto deep fake e perdita di posti di lavoro, ma addirittura la scomparsa della nostra specie.

Non siamo qui per creare allarmismo, quello che vorremmo fare è solo stimolare una riflessione riguardo ad un problema più che mai attuale. Proprio negli ultimi mesi si è parlato ad esempio dell'uso dell'intelligenza artificiale in ambito creativo: creazione di immagini, video, testi...

La domanda che ci poniamo e che vogliamo porvi è: quanto siamo disposti a cedere della nostra unicità pur di esaltarci delle nostre invenzioni? Già Pirandello ne Il fu Mattia Pascal scriveva: «"Oh perché gli uomini," domandavo a me stesso, smaniosamente, "si affannano così a rendere man mano più complicato il congegno della loro vita? Perché tutto questo stordimento di macchine? E che farà l'uomo quando le macchine faranno tutto? Si accorgerà allora che il così detto progresso non ha nulla a che fare con la felicità? Di tutte le invenzioni, con cui la scienza crede onestamente d'arricchire l'umanità (e la impoverisce, perché costano tanto care), che gioia in fondo proviamo noi, anche ammirandole?"».

Nessun estremismo è giusto, perciò dobbiamo essere pronti a trovare un equilibrio. La scienza, il progresso e in questo caso l'intelligenza artificiale lo richiedono immediatamente, affinché scenari come quelli di questo libro non diventino realtà.

(articolo a cura di Sveva Serra)

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