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Forse l'autore non è riuscito a mettere abbastanza distanza tra la storia e la sua esperienza... è come se i sentimenti e le emozioni che prova per quello che scrive influenzassero troppo il procedere della storia. Voi che ne pensate?
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Forse l'autore non è riuscito a mettere abbastanza distanza tra la storia e la sua esperienza... è come se i sentimenti e le emozioni che prova per quello che scrive influenzassero troppo il procedere della storia. Voi che ne pensate?
Sì,per questo secondo me la narrazione diventa un po´ troppo romanzesca(romanzata?) più che autobiografica, è come quando col passare del tempo rimangono solo alcuni dettagli dei ricordi e il contorno viene arricchito di fatti,ingigantito o distorto proprio perchè si lavora di fantasia,e quindi secondo me l´autore si lascia andare ai ricordi,ma in modo piuttosto libero e non preoccupandosi di cosa realmente sia successo e cosa invece è stato cambiato dalla sua memoria nel corso di tutti questi anni. Però appunto,alla fine non è un´autobiografia prettamente storica e il fatto che spesso sembrasse tutto un po´ troppo costruito non mi è pesato tanto!
Guido, non posso che concordare con il tuo post,ma più che infastidirmi su come reagissero nei primi anni del Novecento le donne ebree nei confronti di una contaminazione cristiana della famiglia, la lettura mi ha fatto pensare a come sia possibile che cent´anni dopo, dopo tutte le esperienze fatte in questo secolo, stiamo come cento anni fa,anzi,sicuramente peggio. Come esperienze intendo ovviamente il Nazismo ( e a questo proposito penso che le convinzioni espresse dalle lettere di Arthur mentre sta in guerra siano molto deprimenti), la Shoha, lo stalinismo, tutti i vari genocidi avvenuti e che continuano ad avvenire(cambogia,cecenia,georgia,armenia);ma anche l´esperienza della globalizzazione,il fatto di avere nelle università centinaia di corsi che aprono ad altre realtà religiose,culturali,storiche,politiche. Bo,sembra che comunque non serva a niente,rimane comunque vincente la dottrina "All animals are equal but some animals are more equal than others" e l´unica cosa che conta è semplicemnte stare un passo avanti agli altri in modo tale da avere una posizione predominante per avere il diritto di giudicarli. Almeno cent´anni fa tali convinzioni erano date da un profondo senso religioso e da una forte osservanza delle tradizioni in cui ci si riconosceva; il razzismo (inteso in senso generico) di oggi a cosa risponderebbe?Non sono d´accordo neanche io sul 4 capitolo,ma penso che si possa giustificare la mentalità ristretta di un gruppo di donne analfabete,emarginate dalla società in quanto ebree,che possono avere quasi esclusivamente contatti con ebrei e alle quali fin da piccole sono state raccontante sempre le stesse storie con gli stessi precetti ai quali tutti la famigllia si atteneva. Mentre invece non trovo molte giustifcazioni al razzismo di oggi. Il senso religioso non esiste,a mio parere comincia ad essere estremamente labile anche in Palestina e Israele,perchè un tale odio non può avere basi religiose; dubito fortemente che le critiche ad omosessuali e a loro matrimonio siano dovute a un forte attacamento alle tradizioni e alla difesa della classica famiglia italiana,perchè con la globalizzazione si è rinunciato a talmente tante cose tradizionali che mi sembra che in realtà la vena populista e nazionalista esca fuori solo quando fa comodo. Ma vabeh,è un discorso troppo ampio,tutto ciò per dire che più che la scenata di cent´anni fa tra due famiglie di religione diversa,mi stupisce molto di più che un secolo dopo sia molto peggio. In quanto a esperienze personali,io vengo dai Parioli,uno dei quartieri più fascisti di Roma, strapieno di manifesti di Casa Pound (spero in altre regioni italiane non sia cosi conosciuto), e di esempi sconcertanti te ne posso fare tantissimi
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