Terminata la lettura, lascio anch'io un breve commento
Molto spesso, nel rivalutare a distanza di tempo uno scritto o un pensiero, si tende – per interesse o inclinazione - ad esagerare la portata della sua (presunta) attualità.
La prendo un po’ alla larga: Joseph De Maistre, chi era costui? Un filosofo della controrivoluzione francese, un retrogrado della peggior specie, fanatico assertore della monarchia per diritto divino, che nel fallimento della Rivoluzione del 1789 ravvisava l’intervento della Provvidenza e che – tra le altre cose - nella figura del boia vedeva un infallibile dispensatore di giustizia. Ebbene, non ci crederete, ma avendoci sostenuto sopra una tesi ricordo ancora alcuni saggi incentrati sulla “modernità” del pensiero maistriano. Incredibile, vero?
Ora, dal punto delle idee, George Sand credo si ponga decisamente agli antipodi rispetto a DeMaistre; l’attualità dell’opera – perlomeno per quanto concerne
La piccola Fadette - a me è però parsa identica. Nel senso che non è riscontrabile. Contrari erano del resto gli intendimenti delle sue “pastorellerie”, che come ammesso esplicitamente nella prefazione dovevano essenzialmente rappresentare una via di fuga dall’attualità. Neppure troppo originale, direi: quanti “spiriti – infatti - duramente colpiti dalle sciagure pubbliche hanno avuto, in ogni epoca, la tendenza a rituffarsi in sogni pastorali, a desiderare un certo ideale di vita campestre tanto ingenuo e infantile quanto, nel mondo reale, i pensieri erano cupi e i costumi brutali?” Pensiamo ad esempio alle
Bucoliche di Virgilio, o anche alla
Arcadia di Jacopo Sannazaro di inizio ‘500. Echi di questa tendenza artistica li ho forse poi ritrovati anche in opere più recenti, come
Il grande Meaulnes di Fournier e magari in qualcosa della Von Arnim e di chissà quanti altri.
Anche il tema del pregiudizio verso chi è diverso (per aspetto o comportamenti) non è poi così nuovo, essendo stato trattato – per restare in ambito favolistico/fiabesco – anche da H.C. Andersen (
Il Brutto Anatroccolo è del 1843).
Anche in mancanza d’originalità e di riferimenti all’attualità è comunque possibile apprezzare ciò che è scritto bene. De
La Piccola Fadette, in particolare, mi ha piacevolmente colpito il ritmo narrativo, che per almeno tre quarti del libro ha tenuto ben desta l’attenzione. La parte conclusiva, però, mi ha piuttosto deluso.
Come già notato da altri, lo scioglimento dell’intreccio diventa a un certo punto fin troppo prevedibile e sbrigativo, mentre la ricerca di un lieto fine generalizzato finisce per annacquare anche quegli spunti d’interesse che pure la vicenda aveva saputo suscitare. Peccato.
Non avevo tuttavia mai letto George Sand, e senza istituire paragoni ingenerosi con altri mostri sacri della letteratura francese sono lieto di questa nuova scoperta; ma se è vero che “dei centotrenta romanzi di una delle scrittrici più prolifiche della storia della letteratura,
La piccola Fadette è forse il più amato e il più incantevole”, non penso m’interesserà leggerne altri.