Ho iniziato la lettura, sono appena all'inizio e trovo il libro super interessante!

Spesso quando mi capita di parlare con le persone di certi crimini e cerco di capire il motivo alla base di essi, queste liquidano i miei ragionamenti e non vogliono sentire motivazioni: queste persone sono cattive e basta, non c'è nessuna scusante. Eppure come dice l'autore, non si tratta di scusare, ma di essere consapevoli che la belva sta in ognuno di noi, e solo se la accettiamo possiamo controllarla. Mi viene da pensare che invece queste persone siano spaventate dal riconoscere questa verità, e per questo non ne vogliano sapere. E tutto questo nonostante siamo circondati da intrattenimento a tema violento (libri gialli, serie tv sui serial killer, ecc.), sembra un controsenso.

L'autore afferma che in tutti i casi di uccisioni e atti sadici di massa c'è stata una mancanza di empatia e una proiezione dei pensieri e sentimenti inaccettabili sulle vittime, in modo da percepirle detestabili e come oggetti non umani. Infatti le forti critiche verso gli altri spesso si rivelano essere auto-critiche, ed è più facile vedere i propri problemi in altre persone che notarli in sé stessi, inoltre guardarsi dentro e scoprire impulsi inaccettabili può essere traumatico e per alcuni intollerabile. Per questo l'individuo o a volte l'intera società hanno bisogno di attribuire il loro lato oscuro agli altri e deumanizzarli.

Allora l'autore si chiede da cosa derivi questo male, forse dall'innato egocentrismo umano, come controparte psicologica dell'istinto di sopravvivenza? Come possiamo capire quando questo egocentrismo ci porta a fare del male agli altri? La regola d'oro che propone è di capire la connessione tra l'egocentrismo e il male e di comportarci con gli altri come vorremmo che si comportassero con noi, per sublimare l'egoismo in empatia. Essere consapevoli della belva e controllarla.

Poi un po' di luce e un sospiro di sollievo "Il fatto che tutti gli uomini e le donne debbano combattere contro il loro lato oscuro non è motivo di disperazione. Anche amore e gentilezza sono parte fondamentale di noi stessi e trovano espressione in ogni secondo, ovunque sulla Terra."

Buongiorno...
Anche io ho iniziato a leggere questo libro e sono ad una quarantina di pagine...
I saggi non sono il mio forte e purtroppo difficilmente riescono a prendermi e ad appassionarmi (è un mio limite), però sono contenta di leggerlo e di andare oltre ai miei limiti, grazie al Club.
Devo ammettere che ha una tematica interessante e, almeno per quanto ho letto fino ad ora, sembra essere ben scritto.
Già prima di cominciare a leggere mi sono incuriosita sulla tematica di personalità multipla (mooolto affascinante, per me) e a tal proposito, devo dire che ho fatto tanti parallelismi col cinema. Da Split (film meraviglioso, a mio giudizio, con un attore sublime) a Fight Club, e a tanti altri.
Vedremo come approfondirà le varie tipologie di cattivi... fino ad ora, pollice in su!

Io ho letto fino al 4° capitolo compreso. Un saggio divulgativo abbastanza ben fatto, tipico linguaggio americano. Riflettendo sul così detto lato oscuro che ognuno di noi avrebbe, mi sembra un fatto accettabile, se lo vogliamo considerare come è spiegato in altra maniera dal dottor Freud e compagni. Il lato oscuro non è altro che la nostra parte conoscitiva di noi stessi, che è stata da noi stessi nascosta perché inaccettabile o paurosa. A volte il nostro rimosso sta al suo posto, cioè nell'inconscio, e non ci da fastidio, ogni tanto se ne esce sotto mentite spoglie nei nostri sogni. Nei successivi capitoli, dopo l'1, ci vengono presentati vari tipi di persone disturbate in modo più o meno grave. La descrizione di queste personalità mi sconvolge non poco e mi lascia anche incredula. Persone che credevo appartenessero alla fantasia dei vari scrittori di Thriller che anzi ammiro ancora di più per la loro capacità di aver messo nei loro romanzi dei personaggi che esistono veramente. Come la famosa frase, di cerci investigatori nei romanzi che parlano di serial Killer che "lasciano la propria firma", sulla scena del delitto, cioè hanno un loro modus operandi personale.
Vado avanti nella lettura e spero anch'io di trovare una luce alla fine, una speranza.
Per esperienza personale, come educatrice e come madre, e non solo, posso dire che gli esseri umani in fase evolutiva possono essere terribilmente fragili, i motivi per i quali alcuni di loro sviluppano la mancanza di empatia nei confronti del mondo che li circonda è dovuto al fatto combinato di vita familiare difficile e di possibile patrimonio ereditario, e comunque la mancanza di empatia è una sorta di "corazza caratteriale" che chi soffre si costruisce come difesa.

Ho appena iniziato il secondo capitolo e sto trovando il libro molto interessante. Come fa osservare @Graziella, è scritto con lo stile degli americani, i quali cercano spesso di usare un linguaggio semplice e coinvolgente. Non per questo, però, il libro manca di citazioni colte e riferimenti ad autori e testi che sicuramente arricchiscono la lettura.

L'autore ha una tesi semplice, ben riassunta da @Margarethe, che supporta molto bene con moltissimi esempi e come probabilmente continuerà a fare per tutto il libro.

Sicuramente affronta un tema che ci coinvolge tutti: penso che nessuno di noi possa dire di essere sempre contento al 100% di tutti i suoi comportamenti. A tal proposito, bella la citazione: Non c'è peccato, ne crimine di cui non potrei essere colpevole di Goethe.

E allora ben vengano testi come questo che cercano di darci una chiave di lettura di questo lato oscuro che tutti ci portiamo dentro e che forse ci danno delle indicazioni su come controllarlo.

E' chiaro che l'empatia è la chiave di volta che neutralizza i comportamenti che arrecano agli altri danno, ma che anzi ne promuove di benevoli. Provare empatia, come giustamente dice Simon, significa mettersi nelle scarpe dell'altro. E' una esperienza viscerale del dolore che l'altro sta provando, che coinvolge le nostre emozioni più profonde e che perciò non può lasciare indifferenti. Ma se a questa si sostituisce la svalutazione frutto della proiezione sull'altro del nostro lato oscuro, è chiaro che mai potrà provarsi empatia. O meglio sarà un'empatia negativa, un'empatia al contrario, odio.

Proseguo molto volentieri nella lettura.

Io sono arrivata al capitolo delle "Sette assassine"
Negli stati Uniti le sette sono numerosissime. Alcune di quelle hanno sede anche in Italia.
Interessante capitolo. Il saggista propone una "lettura" degli adepti. Essi sarebbero persone con problemi di solitudine, senza amici, e anche con qualche problema psichico. Essi cercano nelle sette protezione e auto affermazione che non hanno ancora raggiunto naturalmente.
Anche in questo caso ci sono sette "buone" che aiutano le persone bisognose di affetto e di protezione, a altra sette, comandate da un leader paranoico, che predicano la fine del mondo e poi mettono in pratica un assassinio di massa.
Trovo il saggio interessante e a volte illuminante. Lo scrittore, come dice Mattia mostra una buona cultura umanistica oltre che scientifica, e spesso cita scrittori e classici della letteratura.
Continuo a sperare che altri lettori del club si aggiungano e che ne possa nascere uno scambio di pareri che ci possano arricchire.

L'ho iniziato anch'io ho letto poco più di due capitoli,seguo con piacere i vostri commenti , il linguaggio è semplice ma ho come l' impressione di trovarmi di fronte ad un manuale di criminologia anche se gli esempi tratti dalla vita reale sono tanti e rendono la trattazione meno pesante, personalmente la materia mi intristisce ma nonostante tutto cerco di andare avanti.
Il libro l' ho preso in biblioteca l'edizione è quella del '97 ma da qualche parte in rete ho letto che la più recente ha dei miglioramenti o cambiamenti non vorrei che tale aspetto influisse sulla piacevolezza del saggio.

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Ho appena finito il secondo capitolo sui serial killer.
Si tratta di persone spesso con bassa autostima, molto critiche verso se stesse, che proiettano i propri difetti negli altri e questo disprezzo li porta a ucciderli. Inoltre l'autore sottolinea che sono persone coscienti che non hanno perso la padronanza di sé.

L'autore riafferma che "c'è un'enorme differenza tra pensare in modo malvagio e attuare in modo malvagio, e anche se alcune religioni non accettano questa distinzione, la legge lo fa. Altrimenti tutti quelli tra noi che occasionalmente hanno pensieri antisociali sarebbero in prigione o magari condannati a morte."

Quindi un consiglio è quello di prendere le distanze dai propri pensieri e impulsi.

è sempre triste vedere quanta responsabilità possano avere i genitori nella "generazione" di questi disturbi, con abusi e mancanze.

Stasera ho letto il capitolo sulle sette. Mi ha colpito quello che Simon dice sulle sette sataniche , riti di sangue con neonati . I racconti dei riti provenivano dai ricordi di bambini , e nessun riscontro e mai stato trovato nelle inchieste . Ho trovato una grande somiglianza con l'inchiesta "veleno" di Pablo trincia , sui fatti della bassa modenese alla fine degli anni 90 . Anche lì le inchieste, gli arresti e l'allontanamento di ben 16 minori hanno avuto inizio dai racconti di riti di sangue sui neonati . Molto probabilmente come ho letto , i bambini hanno fatto questi racconti in base a domande suggestive poste da coloro che li interrogavano .
Passando alle sette veramente esistite e operanti in Italia, non tanto lontano dove abito , operava la setta delle bestie di Satana e tornando ancora più indietro nel tempo ricordo il processo a mamma ebe

Anche io ho letto il capitolo delle sette assassine. Ora sono alle persone con DPM. (Disturbo di personalità multiplo) Io sono tra coloro che non credono a questo tipo di disturbo. Penso sia invece un'invenzione di persone che comunque hanno una personalità disturbata.

Sulle proiezioni del proprio sè sugli altri ci sarebbe molto da dire. Da quelle che usano le persone disturbate ma anche dal nostro comune come di comportarci.
"Su un traghetto che dal continente, portava in Sardegna un mio amico che andava a fare un corso di barca a vela a Caprera, si è svolto uno scambio di di informazioni personali fra lui e due quarantenni molto ben vestiti e prestanti. Il mio amico pensò che fossero due allievi che si recavano al corso di barca a vela. I due pensarono che il mio amico facesse il camionista (in effetti era vestito in modo molto casuale): durante il colloqui si stabili che i due elegantoni erano due camionisti, e il mio amico andava a fare il corso di barca a vela."
Sono cose che capitano spesso. "Ognuno del proprio cuor l'altrui misura"
L'identificazione proiettiva è quella in cui un persona si identifica nel suo carnefice, diventando a sua volta tale. Ma l'identificazione proiettiva avviene anche nei confronti di ragazzi in fase adolescenziale verso il leader, il quale può essere buono o cattivo.
L'identificazione proiettiva può trasformarsi anche in paranoia, e portare il soggetto a diffidare di tutti.
Comunque tutto va inteso: in piccolissime dosi, tutti noi possiamo avere qualche piccolo periodo o momento di proiezione del nostro stato, su una persona con la quale stiamo parlando.
Io faccio molto fatica a pensare che queste persone descritte da Simon, siano vere e reali. Quando leggo un thriller e c'è la descrizione del "mostro" penso sempre che la fantasia dello scrittore e veramente fervida. Accetto il giallo e mi dico che è pura fantasia. e invee no! Questo saggio mi rivela una realtà mia immaginata. Mi dolgo nel sapere quante persone, uomini e donne come me, soffrono.