Ho terminato la lettura del libro lo scorso fine settimana e non posso che confermare le buone impressioni avute inizialmente.
Purtroppo l'epilogo della storia lo conosciamo sin dall'inizio essendo ispirata ad una storia vera. Tuttavia durante la lettura ho immaginato che la storia potesse prendere una direzione diversa rispetto ai fatti reali. Come a voler cercare un lieto fine a tutti i costi, ho sperato vanamente in un finale diverso da quello atteso. Tuttavia è giusto così: la vita non è quasi mai costellata di soli "lieto fine" e dobbiamo convivere con quel senso di amaro in bocca, rabbia, frustrazione e tristezza con cui ci lasciano eventi come quelli narrati. È normale. È la vita. Triste ma vero, dobbiamo 
imparare a conviverci.
Sono contento di aver letto questo libro, anche se la lettura non mi ha aiutato a chiarire a me stesso il dilemma etico che porta inevitabilmente con sé questa storia (anche se mi ha fatto sicuramente riflettere sul tema).
Difficile scegliere con chi schierarsi. Ma ha senso farlo? Queste situazioni non sono tutte uguali ed il tentativo di normarle da parte degli Stati è un tema complesso. Se da un certo punto di vista, nella situazione dei genitori di Matt, avrei provato lo stesso senso di rabbia nei confronti dell'ospedale che vuole staccare la spina al figlio ritenendo il fatto increscioso e ingiusto (lasciando dunque spazio alle mie emozioni), da un altro punto di vista (analizzando la questione in modo più razionale) comprendo anche le ragioni dell'ospedale.
Però è facile parlare razionalmente quando la vita è quella di qualcun altro. Molto meno facile farlo trovandosi in prima linea coinvolti nella questione.
Anche io, in definitiva, non riesco a schierarmi e sono d'accordo con Graziella quando dice che solo trovandosi in certe situazioni si può essere in grado di esprimersi in tal senso (la speranza è non trovarsi mai in certe situazioni...).
Durante la lettura però mi è capitato di pensare che tra un ospedale inglese e un ospedale italiano, avrei preferito il secondo (parlo unicamente in relazione alle diverse normative vigenti nei due Stati).
Ho pensato che se tanto l'ospedale inglese era intenzionato a staccare la spina, avrebbero potuto acconsentire al trasferimento in Italia: i genitori si sarebbero assunti il 100% della responsabilità di questa decisione. Eppure l'ospedale inglese agisce in un modo che apre ad altre riflessioni. Sulla ragione di opporsi a questa richiesta mi sono rimasti alcuni punti interrogativi sulla condotta dell'ospedale. Si potrebbe essere indotti a pensare che nella realtà dei fatti l'ospedale sia stato veramente interessato al paziente e abbia voluto evitargli un qualcosa che lo avrebbe condotto comunque alla morte e in condizioni peggiori. D'altro canto è anche vero che non acconsentire al trasporto lascia un alone di dubbio in merito alla paura dell'ospedale di far emergere una eventuale cattiva condotta nella gestione del caso. La refrattarietà a collaborare con i team di altri ospedali accentua questa sensazione.
    
        Ringrazio di cuore Graziella per quella sua promessa mantenuta qui: cara Graziella, grazie del tuo supporto, come donna e autrice. Ringrazio Guido che mi ha accolta in vostra rappresentanza al raduno nazionale e ringrazio per la bella intervista che trovate sul forum. Grazie a tutti voi della fiducia, anche se il libro non sembrava far al caso vostro... L'avete letto, studiato, "sentito".
Alla prossima!        
Grazie a te Elena per aver scelto di partecipare con noi a questa discussione! È stato un esperimento unico ed originale. In tanti anni di vita del nostro Club, non avevamo mai avuto l'opportunità di poter discutere del nostro Libro del Mese direttamente con l'autore nel Forum, la casa della nostra Community. Non credo che tutti gli autori avrebbero accettato di buon grado l'invito a partecipare a questo esperimento così come hai fatto te. Quindi grazie davvero e in bocca al lupo per il tuo futuro da scrittrice! Ti seguiremo