Ho finito anch'io entrambi i libri
Pubblicato nel 1919, "Con gli occhi chiusi" tratteggia i tormenti e le delusioni del giovane Pietro. La sua vita amara è segnata dal brutale rapporto con il padre Domenico, dalla grettezza e povertà degli operai che lavorano nel podere familiare di Poggio a' Meli e, soprattutto, dalle incertezze laceranti di un amore che mai appaga. Il giovane Pietro guarda ma non vede: i suoi occhi sono il sipario che volontariamente solleva o serra dinanzi alla realtà incomprensibile, ingestibile; sono l'unica difesa da una vita che disobbedisce alle illusioni, quando non si ha il coraggio e la forza di abitare, giorno per giorno, l'esistenza.
Qualcuno, parlando di Federigo Tozzi, ha scritto: “la grandezza, la contraddizione, l’ambiguità di questo scrittore sta proprio qui, una sua pagina potrebbe portare tanto a un quadro senese del Trecento quanto a uno norvegese di fine Ottocento, in pieno espressionismo, perché Tozzi è modernità, ma è anche provincialità, al tempo stesso”.
Il fascino dei suoi libri, per me, risiede proprio in questo: che sfuggono ad una precisa definizione.
Con gli occhi chiusi non fa eccezione e lo rappresentazione - realistica ed allo stesso tempo allucinata – delle scene cittadine o campagnole che fanno da sfondo e cornice alla vicenda potrebbe appunto servire da esempio.
Qui lo stato d’animo dei personaggi può essere espresso - per contrasto o analogia - attraverso le descrizioni paesaggistiche, ma è vero anche il contrario: che uno stato d’animo influenzi la visione delle cose, tanto da distorcere la realtà.
E in effetti il titolo stesso allude alla cecità (psicologica) che affligge – o in cui si crogiola - il protagonista, totalmente incapace di vedere al di là del proprio io. Un io peraltro molto fragile e confuso così come il suo racconto, che pur seguendo il classico ordine cronologico si compone più di sensazioni che di fatti.
La lettura del romanzo può così risultare agevole e faticosa allo stesso tempo, tra frasi e immagini talora accostate senza evidente nesso logico e rovesciamenti di prospettive, che mettono in primo piano episodi che definiremmo secondari e spesso sorvolano su quelli principali.
Per quanto mi riguarda ho anche apprezzato questa inconsueta scelta stilistica, ma devo anche ammettere ch’essa non aiuta a renderci partecipi alla vicenda. In particolare, non si riesce bene a “sentire” quanto sia intensa la passione amorosa del protagonista, né - data la sua inconsistenza - se essa sia vera. Da qui il mio voto, appena sufficiente: 6
Assai più scorrevole è stata invece la lettura di
Dietro la porta, di Giorgio Bassani, pubblicato nel 1964. Anche qui protagonista è un adolescente che – mi verrebbe da dire - vive ad occhi chiusi.
Ciò che origliamo da dietro la porta può, a volte, cambiare per sempre la nostra vita. Il protagonista di "Dietro la porta" vive a Ferrara e frequenta la prima liceo fra il 1929 e il 1930. Una singolare polarità oppone due suoi compagni di scuola: l’impeccabile, studiosissimo Carlo Cattolica, “perfetto in tutto”, ammirato e invidiato, e l’insinuante Luciano Pulga, povero e strisciante. Essere amici di Cattolica sarebbe volare troppo vicino al sole, mentre la sgradevole frequentazione con Pulga si trasforma gradatamente, per il narratore, in un’intima amicizia, quasi un contagio. Carlo però gli tende un’insperata mano da amico, proponendogli di far cadere il suo falso amico in una trappola: nascosto dietro una porta potrà ascoltare – non visto – tutte le cattiverie che Pulga dirà su di lui...
E’ dunque tramite l’udito che questo ragazzo recupererà la vista, aprendo gli occhi sulla verità: su se stesso, oltre che su una presunta amicizia. Ma la verità è che certe domande non ce le si vorrebbe mai porre, né si vorrebbe fossero messe in dubbio le proprie sicurezze: eppure è così, anche attraverso delusioni e tradimenti, che si cresce.
Perché l’alternativa è la solitudine, quella che attende il protagonista del libro: “La perdita dell’innocenza è la perdita di un mondo che gli pareva eterno e che invece si è squarciato nell’amara realtà delle miserie umane; ciò lo isolerà ulteriormente, impedendogli di aprire quella porta che lo conduca alla consapevolezza di essere parte di una realtà che inconsciamente rifiuta”.
Voto: 7