Il mio commento a fine lettura.
Conosciamo Antonio allo stesso modo in cui conosciamo un buco nero: osservandone gli effetti su ciò che lo circonda.
Il libro non parla di Antonio ma di come gli altri lo vedono e ne interpretano la vicenda.
Come ci viene presentato Antonio? Bellissimo, diverso, inetto, gentile, passivo, impotente. Questo suo essere differente viene celebrato fintantoché le persone pensano di lui che sia in linea con la società, ma poi viene dileggiato, emarginato, svergognato dal suo stesso padre che addirittura va a morire pur di ripulire la sua reputazione. Da notare che nella prima parte del libro, fino al rendere pubblica la notizia dell’impotenza di Antonio, questo è circondato dai fascisti, mentre nella seconda parte o è da solo o è circondato da antifascisti.
La società è ossessionata dal gossip e quindi dal suo argomento principale, il sesso, il quale è sia represso dalla morale cattolica che sbandierato dal machismo. Il simbolo della prima è la donna vergine, pura, immacolata, il simbolo del secondo è l’uomo così passionale da riuscire a vincere addirittura la fede di una donna o a far innamorare una prostituta con la sua virilità. Per contrappasso, il massimo disonore è la donna infedele, la quale nel mondo reale era addirittura vittima del delitto d’onore, e soprattutto l'impotenza maschile. Ma mentre una donna infedele può essere giustificata, se travolta dalla passione per uno di questi machi, un uomo impotente è il massimo della vergogna: non serve a nulla.
In questo, Antonio è figlio del suo tempo. Descrive i giorni felici come gli unici in cui poteva fare l’amore, mentre sopraggiunta l’impotenza nulla contava.
Ora, perché Brancati ci ha parlato così a lungo dell’impotenza, a guerra appena finita e in un periodo tragico come la dozzina d’anni in cui il libro è ambientato? Degli avvenimenti del tempo non ci viene detto nulla, non si parla dell’Abissinia, dell’avvicinamento di fascismo e nazismo, delle leggi razziali, dell’entrata in guerra. Nulla di tutto ciò, l’unica preoccupazione è l’impotenza di Antonio.
Questo perché ciò che Brancati descrive non è il mondo dell’epoca o Antonio, ma gli effetti che un regime repressivo ha sulla popolazione: se togli la libertà alle persone, queste o si conformano o vengono represse o si sentono inadeguate.
Il gossip è l'arma più forte del regime, perché obbliga subdolamente a conformarsi. Resistere non serve a niente, come scrisse Walter Siti. Contro un regime del genere si è impotenti.
Ma la visione di Brancati è ancora più cupa e la mostra nel finale: sopraggiunge la libertà, ognuno può essere se stesso, eppure Antonio continua a sognare le stesse cose ed Edoardo si comporta esattamente come un gerarca fascista. Perché entrambi sono figli del ventennio, la libertà è giunta ma loro saranno sempre fascisti.
Fra poco questi venti anni di tirannide, di rozzezza, di presunzione ci parrà di averli sognati in una notte di febbre. Conserveremo soltanto il tic di voltarci indietro prima di parlare a voce alta, e faremo ridere i nostri nipoti. “Ma che ha il nonno” domanderanno “che si guarda sempre alle spalle?” E i nostri figli spiegheranno sorridendo che il povero nonno è vissuto in un’epoca nella quale ogni cittadino aveva il suo angelo custode dietro e andava in prigione solo per aver detto che il capo del governo era vecchio…
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Io credo che non ci arriverò, a un giorno simile [in cui vengono liberati], e morirò la sera prima. E poi, ne sarò capace? Voglio dire, saprò parlare la lingua di una persona libera? Non m’imbroglierò? Non arrossirò? Non dirò delle enormità? Non farò capire a tutti che sono stato per vent’anni un povero servo? E non cercherò anche allora, per una vecchia abitudine, di piacere a qualcuno, di adulare un potente, di seguire la moda, e di tenere, in ogni caso, discorsi opportuni? Ovvero non farò il ribelle a sproposito, non finirò col non pagare il biglietto del tram per dare a intendere che sono un uomo libero?
Leggo solo ora, dopo aver scritto la pappardella qui sopra, i vostri commenti.
Lorenzo, bellissimo il tuo commento, sono d’accordo su tutto, tranne sulla differenza tra Antonio e Edoardo. Mi spiego, quello che hai detto è vero, ma secondo me Edoardo è un personaggio “reale” mentre Antonio è il simbolo che rappresenta tutti quelli che non riescono a conformarsi al regime.
Come ho spiegato sopra, non sono d’accordo sul commento di Davide sul fatto che Antonio non sia inetto e senta solo il peso della società. Lui davvero considera felici solo i momenti in cui “può farlo”. Il finale, in cui invidia Edoardo che realizza il suo sogno di violentare una donna, secondo me è la dimostrazione di ciò.