Mercoledì, 05 Novembre 2025

"Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati

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29/01/2021 23:20 #50149 da mulaky
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Lorenzo hai scritto proprio un bel commento, credo di pensarla come te ma non ho ancora finito il libro, devo leggere il dodicesimo capitolo... aggiornerò in seguito!


Il libro mi sta piacendo, tuttavia un “difetto” che ho trovato fin dall’inizio (difetto per me, ovviamente!) è la presenza di periodi molto lunghi: nei dialoghi concitati trovo il senso (padre, zio), nelle descrizioni meno. Purtroppo mi capita di perdere ogni tanto il filo del discorso e di dover rileggere il periodo :/
A voi è capitato?

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30/01/2021 09:29 #50154 da bibbagood
Risposta da bibbagood al topic "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati

mulaky ha scritto:

Il libro mi sta piacendo, tuttavia un “difetto” che ho trovato fin dall’inizio (difetto per me, ovviamente!) è la presenza di periodi molto lunghi: nei dialoghi concitati trovo il senso (padre, zio), nelle descrizioni meno. Purtroppo mi capita di perdere ogni tanto il filo del discorso e di dover rileggere il periodo :/
A voi è capitato?


In realtà non tanto nelle descrizioni, quanto alla fine del capitolo 11 ho avuto difficoltà a seguire la conversazione tra Antonio ed Ermenegildo, sia per strada che in chiesa, conversazione basata più che altro su monologhi dello zio espressi quasi a flusso di coscienza, con lunghi periodi e passaggi confusi da un argomento all' altro. Ma penso che, anche se non ci ho capito molto :-P, esprimano bene la sensazione di confusione, di insicurezza, data dal periodo storico così difficile da commentare unito dalla fragilità della situazione famigliare e del suo stato fisico.



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30/01/2021 14:40 #50165 da mulaky
Risposta da mulaky al topic "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati
Ho finito il romanzo e nel complesso mi è piaciuto, anche se nella parte finale il romanzo diventa un po' imperfetto, per i miei gusti. Imperfetto perché si cambia completamente registro e, sebbene tutto quello che Brancati ha scritto sia importante (forse anche più della parte iniziale del romanzo), è tutto molto serio e cupo e si perde quel sorriso che ci ha accompagnato nelle pagine precedenti. Ovviamente ci sta anche questo, il mio è un giudizio molto personale perché...
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Sono perfettamente d'accordo con Lorenzo, Davide e Beatrice: in effetti Brancati fa una critica abbastanza aspra sia nei riguardi del fascismo ma anche per gli ambienti anti-fascisti; il problema dell'impotenza di Antonio richiama senza alcun dubbio l'impotenza di fronte al fascismo e a tutte le magagne intorno (la figura del cugino è perfetta in tal senso); e ancora, pure io vedo la critica di Brancati verso il potere e il ruolo della Chiesa, che poco ha a che fare con la sfera spirituale.

Per me il miglior personaggio è rappresentato dallo zio: è un uomo che ragiona, ha le sue idee e vive le situazioni, cioè le tocca con mano... salvo poi uscirne totalmente disgustato. Tuttavia, la migliore frase di tutto il romanzo viene pronunciata dal cugino Edoardo e vale la pena ricordarla perché descrive bene il periodo storico:
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30/01/2021 17:14 #50184 da nautilus
Risposta da nautilus al topic "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati
Devo iniziare il capitolo XI e devo dire che non ho trovato per nulla fluidi i dialoghi. In particolare quello tra lo zio Gildo e Antonio che ho trovato per giunta noioso.
Bella invece la figura del cugino Edoardo che da subito mi è piaciuta. Il momento in cui decide di dimettersi è per me indicativo della situazione che l’Italia stava vivendo in quegli anni. La lettera di dimissioni e’ un’opera di diplomazia, ma Edoardo, che è uomo intelligente, si rammarica di quelle sue parole. È giusto che si debba mentire per poter dire la verità? Era possibile che in quella società anche l’atto di più generosa collera andasse ad incorporarsi in un inchino? Già il fatto che Edoardo si ponga delle domande me lo fa mettere su di un piedistallo!
Ed Antonio in tutto ciò? È lì fermo e immobile a piangersi addosso, chiuso nella sua inettitudine e mediocrità, e non si accorge neanche che il Paese rischia di entrare in guerra.

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30/01/2021 17:22 #50186 da bibbagood
Risposta da bibbagood al topic "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati

Nautilus ha scritto: Ed Antonio in tutto ciò? È lì fermo e immobile a piangersi addosso, chiuso nella sua inettitudine e mediocrità, e non si accorge neanche che il Paese rischia di entrare in guerra.


E questo aspetto peggiora ulteriormente nell'ultimo capitolo (nel frattempo ho finito il libro)!!! In cui c'è di nuovo un salto temporale e si parla velocemente del periodo '40-'43

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30/01/2021 17:26 #50187 da mulaky
Risposta da mulaky al topic "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati
Insomma vi è proprio piaciuto Antonio, eh... :D

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30/01/2021 17:27 #50188 da davpal3
Risposta da davpal3 al topic "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati
Non ho ancora finito il libro, ma vorrei spezzare una lancia a favore di Antonio.
A mio parere, si concentra in lui il giudizio della società sulla “virilità”. Non è inetto, è solo consapevole che la società lo giudica per la sessualità e il peso di questo giudizio lo schiaccia. Ciò certo si collega anche al fatto che essendo un uomo di straordinaria bellezza, l’attenzione su di lui, sia da parte delle donne che da parte degli uomini, si è concentrata quasi unicamente sull’aspetto estetico o sessuale.
Il contrasto tra l’ estrema bellezza e l’impotenza lo schiaccia. Forse un altro uomo avrebbe avuto una reazione diversa, ma insomma il giudizio negativo mi sembra dovrebbe ricadere più sulla società che su di lui.
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30/01/2021 18:20 #50192 da nautilus
Risposta da nautilus al topic "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati

mulaky ha scritto: Insomma vi è proprio piaciuto Antonio, eh... :D

Per me aver conosciuto prima Fabrizio Salina (vedi Gattopardo), di cui sono follemente innamorata, è stato un dramma, l’insulso Antonio Magnano non ha retto il confronto :silly:

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30/01/2021 18:34 #50195 da bibbagood
Risposta da bibbagood al topic "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati

davpal3 ha scritto: Forse un altro uomo avrebbe avuto una reazione diversa, ma insomma il giudizio negativo mi sembra dovrebbe ricadere più sulla società che su di lui.


Sì, sicuramente, Antonio è frutto di quella società. Tuttavia, come si vede in tanti altri libri che leggiamo, si può anche reagire a valori e credenze di una società in cui non ci riconosciamo. Quindi sì, d'accordissimo con te che più che Antonio è la società ad uscirne male; ma dare la scusa che si è inetti perchè è la società che ci ha dato quel posto e non si può far niente se non accettarlo, mi sembra essere un ulteriore atteggiamento di indifferente accettazione :dry:

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30/01/2021 21:10 - 30/01/2021 21:52 #50212 da Federico
Risposta da Federico al topic "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati
Il mio commento a fine lettura.

Conosciamo Antonio allo stesso modo in cui conosciamo un buco nero: osservandone gli effetti su ciò che lo circonda.
Il libro non parla di Antonio ma di come gli altri lo vedono e ne interpretano la vicenda.
Come ci viene presentato Antonio? Bellissimo, diverso, inetto, gentile, passivo, impotente. Questo suo essere differente viene celebrato fintantoché le persone pensano di lui che sia in linea con la società, ma poi viene dileggiato, emarginato, svergognato dal suo stesso padre che addirittura va a morire pur di ripulire la sua reputazione. Da notare che nella prima parte del libro, fino al rendere pubblica la notizia dell’impotenza di Antonio, questo è circondato dai fascisti, mentre nella seconda parte o è da solo o è circondato da antifascisti.
La società è ossessionata dal gossip e quindi dal suo argomento principale, il sesso, il quale è sia represso dalla morale cattolica che sbandierato dal machismo. Il simbolo della prima è la donna vergine, pura, immacolata, il simbolo del secondo è l’uomo così passionale da riuscire a vincere addirittura la fede di una donna o a far innamorare una prostituta con la sua virilità. Per contrappasso, il massimo disonore è la donna infedele, la quale nel mondo reale era addirittura vittima del delitto d’onore, e soprattutto l'impotenza maschile. Ma mentre una donna infedele può essere giustificata, se travolta dalla passione per uno di questi machi, un uomo impotente è il massimo della vergogna: non serve a nulla.
In questo, Antonio è figlio del suo tempo. Descrive i giorni felici come gli unici in cui poteva fare l’amore, mentre sopraggiunta l’impotenza nulla contava.
Ora, perché Brancati ci ha parlato così a lungo dell’impotenza, a guerra appena finita e in un periodo tragico come la dozzina d’anni in cui il libro è ambientato? Degli avvenimenti del tempo non ci viene detto nulla, non si parla dell’Abissinia, dell’avvicinamento di fascismo e nazismo, delle leggi razziali, dell’entrata in guerra. Nulla di tutto ciò, l’unica preoccupazione è l’impotenza di Antonio.
Questo perché ciò che Brancati descrive non è il mondo dell’epoca o Antonio, ma gli effetti che un regime repressivo ha sulla popolazione: se togli la libertà alle persone, queste o si conformano o vengono represse o si sentono inadeguate.
Il gossip è l'arma più forte del regime, perché obbliga subdolamente a conformarsi. Resistere non serve a niente, come scrisse Walter Siti. Contro un regime del genere si è impotenti.
Ma la visione di Brancati è ancora più cupa e la mostra nel finale: sopraggiunge la libertà, ognuno può essere se stesso, eppure Antonio continua a sognare le stesse cose ed Edoardo si comporta esattamente come un gerarca fascista. Perché entrambi sono figli del ventennio, la libertà è giunta ma loro saranno sempre fascisti.

Fra poco questi venti anni di tirannide, di rozzezza, di presunzione ci parrà di averli sognati in una notte di febbre. Conserveremo soltanto il tic di voltarci indietro prima di parlare a voce alta, e faremo ridere i nostri nipoti. “Ma che ha il nonno” domanderanno “che si guarda sempre alle spalle?” E i nostri figli spiegheranno sorridendo che il povero nonno è vissuto in un’epoca nella quale ogni cittadino aveva il suo angelo custode dietro e andava in prigione solo per aver detto che il capo del governo era vecchio…
[...]
Io credo che non ci arriverò, a un giorno simile [in cui vengono liberati], e morirò la sera prima. E poi, ne sarò capace? Voglio dire, saprò parlare la lingua di una persona libera? Non m’imbroglierò? Non arrossirò? Non dirò delle enormità? Non farò capire a tutti che sono stato per vent’anni un povero servo? E non cercherò anche allora, per una vecchia abitudine, di piacere a qualcuno, di adulare un potente, di seguire la moda, e di tenere, in ogni caso, discorsi opportuni? Ovvero non farò il ribelle a sproposito, non finirò col non pagare il biglietto del tram per dare a intendere che sono un uomo libero?



Leggo solo ora, dopo aver scritto la pappardella qui sopra, i vostri commenti.
Lorenzo, bellissimo il tuo commento, sono d’accordo su tutto, tranne sulla differenza tra Antonio e Edoardo. Mi spiego, quello che hai detto è vero, ma secondo me Edoardo è un personaggio “reale” mentre Antonio è il simbolo che rappresenta tutti quelli che non riescono a conformarsi al regime.
Come ho spiegato sopra, non sono d’accordo sul commento di Davide sul fatto che Antonio non sia inetto e senta solo il peso della società. Lui davvero considera felici solo i momenti in cui “può farlo”. Il finale, in cui invidia Edoardo che realizza il suo sogno di violentare una donna, secondo me è la dimostrazione di ciò.
Ultima Modifica 30/01/2021 21:52 da Federico.

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