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Dopo aver scritto un lungo post di commento ai vostri, al momento dell’invio purtroppo ho constato che non era stato pubblicato e richiamando la modifica, non ve ne era più traccia. Tradimento della tecnologia!
Alle volte capita anche a me, Giuseppe, ti capisco! 
 Credo sia qualche problema legato ai tag quote, perché anche in passato m'era capitato che incasinassero tutto. Ti consiglio di fare sempre un "copia" prima di pubblicare, per sicurezza...
Ho terminato ieri sera la lettura dei Quaderni. Davvero bella, elegante, ricca di spunti, di situazioni-specchio.
Nell'edizione presa in prestito dalla biblioteca, della Fabbri, c'è anche una bella introduzione e un'appendice (questa davvero super interessante) con le lettere che Pirandello scambiò con la redazione de "La Lettura" del Corriere della Sera, su cui sperava di pubblicare il romanzo a puntate. Purtroppo il romanzo gli venne rifiutato perché non adatto alla linea editoriale. Gli spunti che mi ha dato l'introduzione li riservo per dopo perché va terminato il romanzo! Ma l'appendice con le lettere ve la posso già condividere perché si allaccia a qualche nostra considerazione, oltre a rivelare molto sulla vita quotidiana dello scrittore (si trovano sia le difficoltà economiche che la malattia mentale della moglie, a cui accennava Davide).
A proposito di tecnologie, nuovo che avanza, attenzione nella lettura... perché il romanzo fu rifiutato? Contate che la redazione del Corriere aveva la massima stima di Pirandello (che aveva già una collaborazione attiva con loro, per cui scriveva diverse novelle). Pubblicando a puntate, però la redazione cercava per il pubblico del giornale una lettura più avventurosa, con meno digressioni filosofiche: Pirandello aveva presentato loro l'intreccio, che pareva adatto allo scopo (triangolo amoroso, femme fatale, ambiente cinematografico, una tigre!) ma quando si trovarono il materiale per le mani notarono che mancava d'azione, che il narratore arrivava molto lentamente ai fatti, e che dunque non aveva il ritmo necessario per una pubblicazione a puntate.
Vorrei riportarvi a questo proposito il commento di Pirandello stesso in una lettera all'amico Ugo Ojetti, che fece un po' tra mediatore tra lui e Alberto Albertini, capo redattore del Corriere, durante tutta la faccenda. Il mio errore è stato questo: credere che non mi si potesse rifiutare il romanzo che gli ho mandato. Lo leggerai, spero tra poco, mio caro Ugo, e vedrai se era da rifiutare, anche col criterio stesso esposto dall'Albertini. Ma si son fitti in capo che l'interesse dei lettori si dovesse destare per il fattaccio, che per me era soltanto un pretesto. L'errore di prospettiva, credi, è il loro: il credere il pubblico poco intelligente.
Ho finito il romanzo circa una settimana fa, ma solo ora trovo il momento per leggere con attenzione questo tuo post. Interessantissimo!
Mi piace sia sentire che, come tutte le persone, Pirandello faccia comunque fatica a "procacciarsi il pane". Nonostante il suo genio (o forse a causa di esso) ha subito anche lui la frustrazione del rifiuto, sia sentire la stima che avesse dei lettori. Quante volte leggiamo delle cose in cui palesemente "ci si piglia da scemi". Si vuole semplicemente che s'abbocchi all'amo. Ma Pirandello, ci stima, sa che leggere è anche un modo per guardarsi dentro, per entrare in contatto con la parte profonda di noi stessi. Mi piacerebbe poter leggere questo materiale di cui parli Maria Chiara. Magari ti scrivo in privato e riesci a mandarmelo?
Io ho letto la versione con la prefazione di Sergio Campailla che pure ho trovato molto interessante. Egli arriva addirittura a citare Walter Benjamin che:
“
segnato dal marxismo e dalla scuola sociologica di Francoforte, va in direzione opposta a Pirandello, e negli anni Trenta vede proprio nel principio della riproduzione tecnica l’avvento di una nuova fase storica, e di una diversa concezione dell’arte, in chiave democratica, in coincidenza con la perdita della sacralità dell’autore, sin qui garantita dall’unicità dell’atto creativo; e si rifà proprio al Pirandello di Si gira… 
per spiegare la crisi irreversibile dell’autore e dell’attore teatrale”.
Formidabile! Bellissima questa dialettica in cui Benjamin mi cita Pirandello per sviluppare la sua tesi filosofica in opposizione ad esso. Ma che a mio parere lo esalta quando sottolinea 
l’unicità dell’atto creativo con un chiaro riferimento al teatro, la cui magia sta proprio in quelle piccole varianti che di sera in sera si vengono a 
creare grazie a quella libertà che il piccolo schermo non può dare. Ma Benjamin ci dice che questo può essere sacrificato per dare all’arte una veste 
democratica, e fare in modo che essa possa essere fruita da tutti. Bellissimo.
Per quanto mi riguarda, anche sta volta, Pirandello non si è smentito. Ho trovato il suo stile, unico, inconfondibile. Le riflessioni vanno ben oltre l’avvento del meccanicismo. Come sempre, l’autore è interessato alla persona umana e, in particolare, all’emarginato, 
il weird, che è Simone Pau, il bohemien, il suonatore di violino, 
in direzione ostinata e contraria, Serafino, che vorrebbe diventare egli stesso una macchina per non dover fare i conti con i propri sentimenti, il medico, intrappolato in dinamiche familiari patologiche, la  sig.ra Nene con le sue paranoie.
E tutto questo, Pirandello cerca di sdrammatizzarlo con la sua ironia. A me pare sempre che con le sue opere ci voglia dire: non abbiate paura delle persone, siamo tutti sulla stessa barca.
Appena a fine mese mi libero dagli impegni continuerò a commentare i vostri commenti se ne verranno e le altre cose che mi sono appuntato. Spero non me ne vogliate, ma ho proprio il bisogno di esprimere tutto quello che si può quando si tratta di questo autore.