Ma è un po’ quello che facciamo tutti. Abbiamo usato la parola “disfunzionale” per poter dare un nome a ciò che è comunque un disagio, una sfera di sofferenza che è presente in vario modo in tutti i personaggi vivono. È un modo di funzionare che hanno sviluppato come difesa a un notevole carico emotivo in ambito familiare che però alla lunga qualche problemino te lo da. Poi è chiaro che si possono usare anche altri termini.
In ritardo, commento la risposta di Giuseppe, molto puntuale anche sulle definizioni, la parola "disfunzionale" è stata la guida di questo libro (non mi aspettavo altrimenti!) ma con ammissione di umiltà: difficile che nessuno di noi abbia almeno qualche lato disfunzionale... magari piccolo e trascurabile, magari massivo come nelle vite di questi tre incasinatissimi figli.
Stare accanto alle persone per sensi di colpa, nel senso che se si pensasse a se stessi e non a loro ci si sentirebbe in colpa, fa sí che si vive nel rancore, nel rimpianto e in linea di massima nell'infelicità, creando appunto rapporti...disfunzionali. Se si é così di carattere, ottimo, ma se questo comportamento è indotto da genitori come Enid, che ti inculcano il senso di colpa perchè pensano solo a loro stesse, allora vengono fuori figli che o per istinto di sopravvivenza e autoprotezione scappano come fanno loro tre, oppure figli che non hanno una propria vita perchè l'hanno passata a pensare agli altri senza riuscire a godersi niente.
Questo è vero, eppure, oggettivamente, Chip non compie una grossa maturazione alla fine del libro proprio perché resta? Che effetto ti ha fatto, quella di una persona colpevolizzata e quindi indotta a rimanere, o quella di una persona un po' più responsabile che prende la situazione in mano, per quel che può? Per me è il "per quel che può" la chiave, alla fine non resta a martirizzarsi, ma invece che fare toccata e fuga tre giorni resta due/tre settimane (se ricordo bene), fa qualche lavoretto in casa, segue il padre al posto della madre che oggettivamente è anziana e non ce la fa più. Secondo me si è lustrato parecchio la dignità, pur senza stravolgere il proprio carattere: però, dal fondo in cui si era cacciato, si è ritirato su facendo delle cose per bene.
E poi non riesco a non provare compassione per Enid. Però non la vedo come la vittima... secondo me parlare di aguzzini e vittime in questa situazione non ha senso, perché tutti si scambiano agevolmente il ruolo nel triangolo persecutore-vittima-salvatore (sì... altra caratteristica dei rapporti disfunzionali

). Esempio: nell'ultimo capitolo Enid, immersa nel ruolo di crocerossina di Alfred (salvatore) dà noia a Gary in continuazione perché la aiuti in casa (da salvatore a persecutore) e Gary (vittima) acconsente, pur a malavoglia (da vittima a salvatore), ma quando le suggerisce di vendere una casa così impegnativa Enid rifiuta (vittimizzandosi); a quel punto è Gary a perdere la pazienza, risponderle male, ritirare il proprio aiuto e mollarla da sola, completando il giro (da vittima a salvatore a persecutore).
Ma a parte quest'altra immersione nell'abilità psicologica di Franzen, se ci si stacca e li si guarda tutti nel loro complesso, è chiaro che nessuno è troppo colpevole né troppo vittima. Io capisco Bea quello che dici sui figli che non devono patire i capricci dei genitori, ma allo stesso tempo non sono più vittime (appunto): possono ricostruirsi e prendere le loro scelte da adulti, invece di impantanarsi in copioni ripetitivi... Gary con la moglie bambina-tiranna; Denise alla disperata ricerca di un'identità e di validazione; Chip immerso nel ruolo del fallito... che però forse alla fine ne esce! Non a caso, assumendosi delle responsabilità da adulto, senza fare l'eroe ma soprassedendo sulle differenze semplicemente perché è la cosa giusta da fare, e non svicola più.