lettereminute post=64231 userid=6958Grazie per il contributo, Giuseppe, come sempre una lettura attentissima! Colgo il tuo spunto per rilanciare una considerazione deprimente (così, tanto per stare a tema).
Ci sarebbe tanto da commentare perché le pagine sono tante e anche i temi. Per ora chiudo con un pensiero sulla faida tra Gary e Caroline. La parte che più mi colpisce e addolora e la manipolazione dei figli per attaccare e indebolire il partner. Una realtà che, purtroppo, è ben lungi dall’essere presente solo nei romanzi. Quando un figlio arriva poi a rendersi conto di come e quanto è stato usato per fini non sempre nobili, che ferite possono aprirsi nella relazione con il genitore manipolante in termini di fiducia e affetto?
La domanda da un milione di dollari per me è: siamo sicuri che se ne accorge, il figlio, di essere manipolato? Io propendo di sì, almeno in caso di figlio moderatamente intelligente. E in generale, gli istinti raramente mentono. Ma la nostra psiche gioca sempre in difesa, e ammettere che un genitore ti sta usando spesso è troppo per la psiche infantile; in età adulta le difese sono cristallizzate e tanti saluti.
Non so voi che esperienze avete avuto guardandovi attorno, ma io ho conosciuto o persone che se ne sono rese conto, e sono ancora di due cuori (da un lato tendono a giustificare o a credere al genitore, sminuendo se stessi; dall'altro si ribellano, ma non riescono a staccarsi del tutto e stanno a mezzo, macerandosi molto) oppure si sono totalmente alleati col genitore manipolatorio creando delle fazioni in casa. La famiglia in questi casi diventa il terreno di un vero e proprio gioco di potere.
Ciao a tutti.
Grazie Maria Chiara, anche i tuoi contributi son sempre pieni di insight e invitano spesso alla riflessione.
Per quanto riguarda la domanda che hai posto, io penso che soprattutto nei casi dei bambini più piccoli è difficile per loro rendersi conto di essere manipolati. Talvolta non ci accorgiamo di esserlo nemmeno da adulti, se il manipolatore è abbastanza astuto! Se comunque tale consapevolezza non è presente a livello conscio, essa può manifestarsi in termini di un disagio al quale non si riesce nemmeno a dare un nome (fintanto che appunto non si arriva alla scoperta). Come nel romanzo, in cui i figli di Caroline si sentono importanti nella loro alleanza con la madre, può esserci questa fase di esaltazione da paladino della giustizia che però può andare incontro a una disillusione fortissima, a un certo punto. È chiaro che la casistica è varia e la disparità di impegno genitoriale tra i due genitori può essere enorme (vedi il libro autobiografico di Moehringer), ma un genitore è sempre una parte di te con cui devi fare i conti (nel bene e nel male). Mi vengono in mente tante storie di figli e figlie abbandonate da padri di cui poi essi vanno in cerca, vogliono conoscere, etc. Tema delicato e difficile questo, perché interessa lo sviluppo di una persona e quindi comportamenti e atteggiamenti vanno commisurati all’età. A un figlio già abbastanza maturo, per esempio, non si può negare una presa di posizione nei confronti di un genitore assente o irresponsabile. Penso ne abbia il diritto. Insomma, è complicato.
Per quanto riguarda la domanda sull’amicizia tra genitori e figli, penso che molto dipenda da cosa si intende per amicizia. Io, come Maria Chiara, sono d’accordo con l’affermazione di Chip e aggiungo che una qualche discontinuità (che non deve per forza assumere la connotazione di un conflitto) tra genitori e figli ci debba essere. Un semplice motivo (ma ce ne sono tanti) potrebbe essere il fatto che i genitori essendo molto coinvolti affettivamente con i propri figli sono spesso i meno adatti a fare la “parte” degli amici. È come una specie di conflitto di interessi.
Sono a metà del capitolo “in mare” e devo dire che questo romanzo, pur nella sua durezza, mi sta appassionando. Se vogliamo, è come una specie di enigma, di giallo relazionale, in cui gradualmente l’autore ci svela le origini della profonda tristezza e sofferenza che avvolge un po' tutti i personaggi. In questo capitolo si indaga più in profondità su Enid e Alfred, ma anche sull’infanzia dei loro figli, che ci consente quasi una loro psicoanalisi virtuale, mediante il confronto tra la loro vita da adulti e quella infantile. Ne emerge, per esempio, un Chip che ha subito la rigidità e disfunzionalità genitoriale da bambino che lo portano, da adulto, a prendere la maggiore distanza possibile dai suoi genitori con uno stile di vita dissoluto e immorale. Viceversa, Gary sposa talmente tanto i valori e le imago paterna e materna che si propone di compiacerli in tutto e di diventare il figlio modello. Questo però, da adulto, si traduce in una mania di perfezionismo che probabilmente lo portano alla tanto declamata depressione.
Sono rimasto piacevolmente colpito (seppur nel disgusto della descrizione) dalla bravura dell’autore nella descrizione dell’esperienza soggettiva simil-psicotica di Alfred alle prese con i suoi problemi di incontinenza notturni. Penso che esperienze del genere (in termini psicologici), ahimè, non siano infrequenti quando si arriva a una certa età e per di più si hanno delle patologie. Fa pensare a quei sogni disturbati quando si ha la febbre alta in cui si mischiano aspetti lavorativi, familiari e contingenze del momento presente. Veramente bravo Franzen a rendere l’idea.