A conclusione della lettura da parte mia dell'introduzione di
Mario Picchi, "L'altra metà di Victor Hugo" , Biblioteca ET Einuaudi, Gli struzzi 2014, ho appreso le seguenti cose sulla parte
"oscura" del nostro scrittore:
1. era sicuramente un uomo che ragionava in modo "manicheista", da una parte tutto il buono, dall'altra tutto il cattivo, senza sfumature.
2. dalle
"Lettere alla fidanzata"si evince che Adéle Foucher, viene esaltata come un angelo sacro, un personaggio da adorare, al quale dichiarare "sono tuo, non appartengo che a te, tu sei la purezza" (e qui mi viene in mente ciò che pensa Marius quando conosce e si innamora di Cosette).
Questo purezza però viene "aggredita" la note nelle nozze, nella quale Victor Hugo "
rivela la sua insaziabile sessualità possedendo nove volte Adèle".
Alla faccia! io come donna vergine mi sarei rifiutata ad un assalto del genere. E' risaputo da tutte le donne che la prima volta non è proprio tutto rosa e fiori.
3. Secondo i suoi biografi Hugo presenta due caratteri fondamentali della sua personalità:
a)l'ossessività, che si esplicita nel suo bisogno compulsivo di segnare tutto (spese, date, incontri avvenuti, piccoli fatti) su taccuini.

il bisogno anche questo compulsivo di scrivere il suo nome su tutti i muri che incontra a portata di mano.
4. durante il periodo giovanile, prima del successo letterario Hugo viveva in una soffitta perché a corto di soldi, la descrizione della gioventù di Marius ne è l'esempio.
5. Victor Hugo nelle sue dichiarazioni di aver avuto una felice infanzia, mente, lui e il fratello Eugene, ebbero un'infanzia travagliata, rinchiusi per un certo periodo in collegio dal padre contro il parere della madre, la quale comunque era spesso assente: aveva abbandonato i figli e il marito, quando Victor cagionevole di salute, aveva appena otto mesi, per andarsene a Marsiglia per ben 15 mesi con il suo amante.
La vita dei genitori era un continuo lasciarsi e riprendersi, soprattutto da parte della madre, dalla quale Victor non ebbe mai l'affetto e l'amore di cui ogni figlio avrebbe bisogno. Infatti anche nei Miserabili non c'è mai una madre buona presente, dove invece troviamo della madri mostro. Jean Van Jean non ha madre, essa non viene mai nominata. La madre di Cosette muore, al suo posto abbiamo quel mostro della Thénardier. Così pure per gli altri figli della Thenadiér che vengono abbandonati o dati e venduti ad altri. La madre di Marius non c'è anche lei morta anzitempo. In compenso abbiamo la presenza di padri acquisiti. Vediamo il vescovo monsignor Bienvenu, lo stesso Jean Vanjean per Cosette, il nonno per Marius, con il padre vero, il colonnello che ha una forte presenza dall'oltretomba.
Nella vita di Victor fanciullo, non mancano le catastrofi familiari fra i due genitori, quali ad esempio:
"così fu nel giugno 1814, quando il padre scoperta la relazione di Sophie (la madre) con Lahorie (ormai morto) le fece portare via i ragazzi fra spaventose scenate, una prima e una seconda volta; così fu nel marzo del 1820 quando sua madre decretò la separazione da Adèle; così nel giugno del 1821, alla morte della madre - e al ritorno del funerale di lei - alla scoperta di Adéle che ballava tra le braccia di un altro.
(da l'Altra metà di Victor Hugo di Mario Picchi)
Insomma dai "I Miserabili" , il romanzo di carattere romantico e manicheista, a Victor scrittore, dalla fantasia alla realtà.
E allora, dove sta il confine tra la personalità, la vita reale dello scrittore con le sue esperienze, la sua formazione psicologica con le sue motivazioni, e le sue opere?
Questa è la domanda che pongo. Io la risposta me la sono già data. Ma visto che ho suscitato un po' di levate di scudi a sfavore di ciò che ho detto, anche solo fra le righe, mi permetto qui di concludere, secondo me in bellezza, la mia critica al romanzo e allo scrittore, riportando alcune prove inconfutabili.
Un grazie lunghissimo a chi mi ha voluto onorare della lettura di questo mio:woohoo:

post, giuro conclusivo.