SINOSSI
Quando entra nell'aula di tribunale in cui verrà giudicata per l'omicidio del suo giovanissimo amante, Gladys Eysenach viene accolta dai mormorii di un pubblico sovreccitato, impaziente di conoscere ogni sordido dettaglio di quella che promette di essere l'affaire più succulenta di quante il bel mondo parigino abbia visto da anni. Nel suo pallore spettrale, Gladys evoca davvero l'ombra di Jezabel, l'ombra che nell'Athalie di Racine compare in sogno alla figlia. La condanna sarà lieve poiché la difesa invoca il movente passionale. Ma qual è la verità - quella verità che Gladys ha cercato in ogni modo di occultare limitandosi a chiedere ai giudici di infliggerle la pena che merita?
RECENSIONE
Irène Némirovsky è per me una certezza. Chi è abituato alla sua scrittura troverà anche qui una narrazione scorrevole ma mai banale, con descrizioni affilate, che mai appesantiscono la narrazione; ogni espressione, che sia un dialogo o parte narrativa, è densa di significato e allo stesso tempo snella nella lettura. Il lettore si sente travolgere dalle emozioni che irrompono dalle pagine tramite l'accurata scelta delle parole e di frasi brevi, ma efficaci. Durante tutta la lettura si percepisce la disperazione totalizzante e la solitudine sconfortante della protagonista, che si è costruita un'armatura che l'ha resa estremamente arida, quasi spietata data la mancanza di sentimenti verso qualcun altro che non sia se stessa. La sua ossessione verso il tempo che scorre, verso la bellezza che fugge via e verso il terrore di non essere più ammirata e considerata, le fanno perdere del tutto il contatto con la realtà: vive in un mondo che si è costruita, di fatto una prigione creata dalla sua mente, che diventa, pagina dopo pagina, più asfissiante e da cui è impossibile fuggire. A volte il voler tornare su queste sue ossessioni risulta ridondante, ma è una scelta stilistica necessaria per trasmettere la forza della sua miserabilità, Gladys è un personaggio che quasi esce con prepotenza dalle pagine, tanto il lettore ne percepisce la disperazione. È il simbolo di chi non riesce ad accettarsi, rovinando così quel che in realtà avrebbe, ma anche di chi sente il bisogno di entrare in competizione con chi è più giovane per dimostrare di aver vissuto. Gladys pensa, di volta in volta, agli anni passati come a un'idea mitica, mentre invece sono trascorsi nei rimpianti: la sua mente le crea un alibi per autoconvincersi di aver vissuto, quando di fatto ha sprecato la vita nella paura di perdere un qualcosa che già non aveva, ovvero la felicità. A questo proposito, il parallelismo tra lei e Bernard è fondamentale, sono due generazioni a confronto, ciascuna fermamente convinta che la felicità sia un qualcosa di dovuto all'età. Oltre allo stile, si ritrovano qui altri temi cari all'autrice come il rapporto madre-figlia, sempre spietato e sconfortante, o il creare personaggi femminili sì disperati e infelici, ma forti. L'opera risulta anche molto moderna, con una forte critica sociale verso il contesto maschilista della società parigina e inglese di quegli anni, in cui per il lettore è facile rivedere anche dinamiche sociali attuali.
[RECENSIONE A CURA DI BIBBAGOOD]
| Autore | Irène Némirovsky |
| Editore | Adelphi |
| Pagine | 194 |
| Anno edizione | 210 |
| Collana | Gli Adelphi |
| ISBN-10(13) | 9788845924873 |
| Prezzo di copertina | 10,00 € |
| Prezzo e-book | 4,99 € |
| Categoria | Contemporaneo - Attualità - Sociale - Psicologico |

