Baby Jane ha scritto: A breve lo inizio, lo giuro...anche perché mi avete fatto venire voglia!!!
E fai bene Baby Jane! Fai davvero bene perché questo libro merita sicuramente di essere letto.
Inoltre, leggerlo in questo particolare periodo storico, credo colpisca ancora di più al cuore e alla mente.
Sì perché questo è un libro che ti fa soffrire e ti fa ragionare. Ti fa emozionare e ti fa pensare.
Trattasi tra l'altro di una storia vera, di vita vissuta. L'autrice ha soltanto cambiato i nomi delle persone che le gravitano attorno per proteggerle. E se prima di aver letto questo libro potremmo pensare "per proteggerle? Addirittura? No dai... esagerata...", dopo la lettura di questo libro abbiamo la consapevolezza che il comportamento scelto dall'autrice è più che plausibile, soprattutto sulla base del suo vissuto.
"Vivevamo in un paese in cui la cultura negava qualsiasi valore alle opere letterarie, a meno che non servissero a sostenere qualcosa che sembrava più importante: l'ideologia. Il nostro era un paese dove tutti i gesti, anche quelli più privati, venivano interpretati in chiave politica".
Credo che sia impossibile per noi non provare una sorta di empatia, con conseguente tristezza, leggendo le storie di queste ragazze che si trovano a vivere in un paese in cui il loro valore è praticamente zero. Si è detto molto, e non sarà mai abbastanza, sulla condizione della donna nei paesi musulmani. Eppure in passato mi è capitato di sentire commenti del tipo "a loro va bene così perché è la loro cultura, la loro religione" oppure "sono tutti uguali".
Ebbene, questa storia ci dimostra il contrario. Ci dice che non troppo lontano da noi esiste chi vorrebbe opporsi e il più delle volte non ce la fa... ci fa anche capire come mai fiumare di persone cerchino di abbandonare quei paesi. Secondo me non scappano soltanto dalla guerra... scappano anche e soprattutto da una cultura alla quale probabilmente non sentono di appartenere o alla quale non vogliono più appartenere, così come accade alle ragazze della Nafisi, strette nella morsa delle imposizioni rigide delle loro leggi.
"Il peggior crimine di un regime totalitario è costringere i cittadini, incluse le vittime, a diventare suoi complici. Farti ballare con il tuo carceriere, così come farti partecipare alla tua esecuzione, è un atto di estrema brutalità. L'unico modo per spezzare il cerchio e di smettere di ballare con il carceriere è tentare di conservare la propria individualità, ciò che sfugge a ogni possibile descrizione eppure distingue ciascun essere umano dai suoi simili".
E' logico che, se le sensazioni sono queste, se la vita ti lascia questo, evidentemente cerchi di scappare. E questo forse per noi occidentali dovrebbe rappresentare una piccola nota positiva. Il fatto che, in realtà, non sono tutti uguali... fare di tutta l'erba un fascio è sbagliato. Non dobbiamo cascare nel tranello dell'odio assistendo a certi eventi. Ma credo che però si debba in qualche modo reagire, seriamente, in maniera ponderata.
Il libro secondo me è un inno all'indipendenza. La Nafisi non ci dice cosa è giusto e cosa è sbagliato, così come in molti casi non se la sente di dirlo ai suoi allievi. Li induce a ragionare! E' questo il suo compito di educatrice. Vuole che facciano la loro strada e che siano loro stessi a decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato per ciascuno di loro. Ma il punto è proprio questo: la possibilità di scegliere.
Noi possiamo scegliere. Noi possiamo svegliarci domani mattina e decidere cosa fare della nostra vita. Ci piace? Continuiamo così! Non ci piace? Possiamo provare a cambiarla. Loro invece possono scegliere?
L'autrice viene messa anche di fronte ad un dilemma non banale.
"Se tutti se ne vanno, replicò Mahshid, con lo sguardo fisso sul pavimento, chi ci aiuterà a tirar fuori qualcosa di buono da questo paese? Come possiamo essere tanto irresponsabili?"
Ma il ribrezzo dell'autrice verso ciò che è diventato il suo paese è così tanto che la porta a dire:
"Vivere nella Repubblica islamica dell'Iran è come fare sesso con un uomo che ti disgusta".
Insomma, affermazioni che ci fanno capire che ha raggiunto il suo limite, che è a saturazione. Che è davvero disgustata dalla piega che ha preso la sua vita quotidiana in questo paese. E pertanto cerca l'indipendenza. Cerca di scappare. Credo sia un bisogno naturale. E allora la domanda è: premesso che scappare in una situazione del genere sarebbe plausibile, taccereste come egoista uno che abbandona il suo paese scappando in preda alla disperazione (e come eroe quello che rimane a tentare di cambiare qualcosa sapendo che ogni suo sforzo sarà pressoché vano) o fareste come l'autrice?
Leggendo questi libri ci rendiamo conto di quanto siamo privilegiati, di quanto abbiamo e che spesso non ci rendiamo neanche conto di avere: la libertà di scegliere, l'indipendenza di poter decidere cosa fare della nostra vita, di poter scegliere come andare vestiti a giro, quali amici avere, quali libri leggere, chi frequentare, cosa studiare, ecc. Ci siamo abituati così tanto a ciò che abbiamo che lo diamo per scontato.
Leggere questo tipo di storie ci fa tornare con i piedi per terra e ci fa riflettere.
Infine, mi è piaciuta molto l'osservazione per la quale la lettura di un libro in un particolare momento, contesto o in una particolare situazione della nostra vita, lo renda ai nostri occhi diverso rispetto alla lettura dello stesso in un momento differente. E' una grande verità e credo che sia un po' perché un libro è come un amico. Con un amico ti senti libero, ti senti te stesso. E ci sono momenti sì e momenti no. E l'amico lo capisce e lo comprende. Ti lascia sfogare.
Credo che di questo parlammo anche relativamente alle "riletture". Un libro che può non esserci piaciuto in un momento particolare della nostra vita potrebbe invece stupirci e farci innamorare in un altro momento della nostra vita.
"La Austen che conosci è irrimediabilmente legata a questo posto, a questa terra e a questi alberi. Non crederai che sia la stessa Austen che leggevi con il professor Fench vero? No, vero? Questa è la Austen che hai letto qui, in un paese dove il censore è cieco e dove impiccano la gente per strada e stendono un telone nell'acqua del mare per tenere separati gli uomini e le donne mentre fanno il bagno".
A noi amanti della letteratura una cosa del genere non può non scalfirci, aiutandoci a capire ancor di più cosa significa vivere in quei paesi. Quanto dev'essere dura, soprattutto per le donne, riuscire a sopravvivere alla quotidianità.
Consiglio a tutti la lettura di questo libro. Forte, toccante ma mai scontato. Voto 8 per la Nafisi e credo che questo sia assolutamente uno dei candidati a diventare Libro d'Oro del Club del Libro per il 2015! Come si dice... in extremis! Meglio tardi che mai!  
  
  
  
p.s. e grazie Bea per averlo tirato fuori dal tuo cilindro dei libri da leggere nel club!