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Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran

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12/12/2015 11:22 #21518 da pierbusa
Risposta da pierbusa al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran

Per me il termine felicità indica qualcosa di ben definito, indica gioiosità, contentezza, serenità dell'animo, felicità appunto.
Non sono felice a leggere delle disgrazie altrui, finte o reali che siano.
NON sto dicendo che voi state dicendo che siete felici delle disgrazie altrui, sia chiaro.

Termini quali catarsi, immedesimazione, coinvolgimento emotivo, empatia , che voi stessi avete utilizzato, calzano in modo molto più appropriato.
Quindi , per me, avete pur sempre "interpretato" il termine felicità, resta da vedere se veramente l'autrice intendeva ciò che voi avete interpretato o no.

Quindi quando lei dice :
"ci trasmettono una specie di felicità? non è riprovevole provare piacere a leggere di cose tanto terribili?"
A me sarebbe venuto da dirle : "aspetta un attimo, io non provo felicità e piacere, che cosa intendi dire esattamente? "

Domande destinate a non ottenere risposta.

Per chi pensa che mi soffermi su un cavillo semantico, mi dispiace per lui ma non è così.
Non voglio farvi il maestrino, semplicemente secondo me è così, e secondo voi è colà, tutto qui.
Magari mi sbaglio io , magari voi avete capito ed io non ho capito, chi lo sa.

Personalmente non sono d'accordo sulle interpretazioni dell'arte e del coinvolgimento emotivo date da novel67, ma questa è un'altro argomento.


Max sto cercando l'originale inglese del libro per vedere la frase così come scritta effettivamente da Nafisi, perché può essere veramente un problema di traduzione. La frase di Mitra e il termine usato certo sconcertano e merita un approfondimento.

(Su Anna Karenina) È un'opera d'arte perfetta, che arriva assai a proposito; un libro assolutamente diverso da ciò che si pubblica in Europa: la sua idea è completamente russa.Fëdor Dostoevskij
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12/12/2015 11:51 - 12/12/2015 11:55 #21519 da bibbagood
Risposta da bibbagood al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran
Sinceramente il termine "felicità" mi sembra pertinente e rimarrei stupita se l´originale non corrispondesse.
Max, tu associ la parola felicità a gioia e contentezza,ma sei sicuro che sono sinonimi?Per quanto mi riguarda no. La gioia è una sensazione che si prova in un momento preciso in riferimento a una cosa specifica, é molto piü particolare della felicitä, che è invece piú che altro uno stato d´animo.

Inoltre credo che se ti soffermi un attimo, anche tu puoi ritrovarti in unintepretazione meno estrema di quella che dai: dici che se in un libro si parla di cose tristi, allora proviamo tristezza e non possiamo provre felicità. Se così fosse, dubito che un sacco di romanzi verrebbero letti e studiati, perchè vorrebbe dire che siamo tutti sadici e autolesionisti :laugh: :laugh: Mettiamo che stai leggendo un romanzo triste, che parla di guerra, morte,malattia, povertà. Leggi qualche pagina e poi lo interrompi oppure lo continui?Se lo continui vuol dire che hai voglia di leggerlo e questa tua voglia la intepreti come ricerca di provare tristezza ? Non sarebbe una cosa molto sana no :P ?

"Il solo mezzo di sopportare l'esistenza è di stordirsi di letteratura" Gustave Flaubert
Ultima Modifica 12/12/2015 11:55 da bibbagood.

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12/12/2015 11:53 #21520 da pierbusa
Risposta da pierbusa al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran
Ecco la frase in originale:

After our first discussion of Lolita, I went to bed excited, thinking about Mitra's question. Why did Lolita or Madame Bovary fill us with so much joy? Was there something wrong with these novels, or with us?-were Flaubert and Nabokov unfeeling brutes? By the next Thursday, I had formulated my thoughts and could not wait to share them with the class.


"joy" secondo il vocabolario Hazon può essere inteso come "fonte di gioia", "fonte di piacere" tradotta in questo modo secondo me suona meglio. Ecco come l'avrei tradotta io la frase in neretto:

"...ci colmano di così tanto piacere? non c'è qualcosa di malsano in questi romanzi o in noi stessi"?


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12/12/2015 14:05 #21525 da guidocx84
Risposta da guidocx84 al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran
Secondo me il lettore dovrebbe essere in grado di distinguere le due cose.

Un conto è il piacere di leggere un buon libro. Un conto sono l'amarezza, la tristezza ed il disagio che derivano dalla lettura di storie come quella raccontata dalla Nafisi.

Per me è stato così almeno. Porterò con me il triste ricordo di quanto hanno dovuto affrontare (e di quanto devono affrontare) le donne in contesti sociali e culturali come quelli raccontati in questo libro.
Ma porterò con me anche l'enorme piacere e soddisfazione di aver letto il libro in sé stesso, cosa che mi ha permesso di approfondire una tematica importante, in un periodo storico particolare, e di discutere con voi sulla base di tantissimi spunti di riflessione, tra cui anche questo per l'appunto. ;)

«Heaven goes by favor. If it went by merit, you would stay out and your dog would go in.» Mark Twain
Ringraziano per il messaggio: EmilyJane

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13/12/2015 08:55 #21535 da Novel67
Risposta da Novel67 al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran

Per me il termine felicità indica qualcosa di ben definito, indica gioiosità, contentezza, serenità dell'animo, felicità appunto.
Non sono felice a leggere delle disgrazie altrui, finte o reali che siano ...
Termini quali catarsi, immedesimazione, coinvolgimento emotivo, empatia , che voi stessi avete utilizzato, calzano in modo molto più appropriato.
Quindi, per me, avete pur sempre "interpretato" il termine felicità, resta da vedere se veramente l'autrice intendeva ciò che voi avete interpretato o no.


Max, io non penso che l’obiezione da te sollevata sia solo di natura semantica: concordo anzi con Pier, quando sostiene che il termine “felicità”, in quel contesto, potrebbe sconcertare il lettore. Ritengo dunque le tue osservazioni assolutamente pertinenti. Ma, come dice Bibba, mi sembrano anche un po' estremizzate. Perché - come ha scritto Guido - si presuppone che il lettore sappia fare una distinzione: "un conto è il piacere di leggere un buon libro. Un conto sono l'amarezza, la tristezza ed il disagio che derivano dalla lettura di storie come quella raccontata dalla Nafisi".

Fatta questa premessa, penserei di risolvere la questione in questo modo, chiedendoti semplicemente: il libro ti è piaciuto? Il termine "piacere" non sarà sinonimo di "felicità", ma seguendo il tuo ragionamento mi aspetterei comunque un NO secco: come potresti infatti ricavare piacere leggendo delle disgrazie altrui, finte o reali che siano?

Allo stesso modo, non dovrebbero piacere neppure Guerra e Pace, Titanic, o Guernica. E invece, quanti esclamerebbero: ah, che bel libro, che bel film, che bel quadro! E’ sadismo, è masochismo, è insensibilità? No, è semplicemente l'impressione suscitata da un’opera d’arte: che può emozionare, stupire, colpire e commuovere, a volte anche fino alle lacrime.

Eppure, non è forse vero che si può piangere anche "di felicità"? :)

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14/12/2015 13:53 #21560 da EmilyJane
Risposta da EmilyJane al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran
L'ho finalmente iniziato sabato; ora sono circa a metà, appena iniziato la parte riguardante James.
Sono d'accordo con voi sul fatto che sia un libro potente, intenso, profondo e molto bello!
Mi piace la prosa della Nafisi, trovo molto interessante tutto quello che ha da dirci, sia che riguardi la dura vita a Teheran sia le sue analisi letterarie. A questo proposito, a onor del vero, bisogna dire che sarebbe preferibile aver letto le opere in questione di cui si parla (preferibile ma non necessario) perchè l'autrice le scandaglia a fondo, le rivolta come calzini tanto che sembra di conoscere l'opera pur non avendola letta. ;) Mi ha pure convinta a riprendere la lettura di Lolita che avevo deciso di abbandonare.
Sulla questione felicità di lettura mi trovo assolutamente d'accordo con Guido:

Secondo me il lettore dovrebbe essere in grado di distinguere le due cose.

Un conto è il piacere di leggere un buon libro. Un conto sono l'amarezza, la tristezza ed il disagio che derivano dalla lettura di storie come quella raccontata dalla Nafisi.

Per me è stato così almeno. Porterò con me il triste ricordo di quanto hanno dovuto affrontare (e di quanto devono affrontare) le donne in contesti sociali e culturali come quelli raccontati in questo libro.
Ma porterò con me anche l'enorme piacere e soddisfazione di aver letto il libro in sé stesso, cosa che mi ha permesso di approfondire una tematica importante, in un periodo storico particolare, e di discutere con voi sulla base di tantissimi spunti di riflessione, tra cui anche questo per l'appunto. ;)


Inoltre vorrei citare la spiegazione stessa che dà la Nafisi:
...Nabokov [...] sostiene che ogni grande romanzo è in realtà una fiaba. [...] Ogni fiaba offre la possibilità di trascendere i limiti del presente e dunque, in un certo senso, ci permette certe libertà che la vita ci nega. Tutte le grandi opere di narrativa, per quanto cupa sia la realtà che descrivono, hanno in sé il nocciolo di una rivolta, l'affermazione della vita contro la sua stessa precarietà. Ma è nel modo in cui l'autore riracconta la realtà, e ne acquisisce il controllo dando origine a un mondo nuovo, che questa rivolta prende forza: tutte le grandi opere d'arte, avrei dichiarato con solennità, celebrano l'insubordinazione contro i tradimenti, gli orrori e i tranelli della vita. La perfezione e la bellezza del linguaggio si ribellano alla mediocrità e allo squallore di ciò che descrivono.

Ecco, secondo me proviamo piacere solo al termine di una lettura triste perchè essa ci permette di esorcizzare i nostri demoni, di affrontare le nostre paure, di mettere ordine al caos interno che abbiamo, di scandagliare psicologicamente esperienze tristi che abbiamo vissuto oppure semplicemente ritenerci fortunati a non aver vissuto le esperienze negative descritte in quel romanzo/opera. :blush:

Riporto anche un'altra citazione dal libro che mi è piaciuto moltissimo:
"Un romanzo non è un'allegoria" dissi verso la fine della lezione. "E' l'esperienza sensoriale di un altro mondo. Se non entrate in quel mondo, se non trattenete il respiro insieme ai personaggi, se non vi lasciate coinvolgere nel loro destino, non arriverete mai a identificarvi con loro, non arriverete mai al cuore del libro. E' così che si legge un romanzo: come se fosse qualcosa da inalare, da tenere nei polmoni. Dunque, cominciate a respirare. [...]"

Insomma leggere, ovvero "respirare", per vivere. Che forza questa Nafisi, quanto mi sarebbe piaciuto avere una professoressa come lei, una donna non solo di vasta cultura ma intelligente e libera pensatrice.
E su quest'ultimo punto ho fatto un mezzo pensiero: leggendo questo libro vediamo quante poche libertà abbiano a livello fisico e materiale le donne a Teheran, forse anche a livello mentale indottrinate dall'Islam (ma nel libro vediamo soprattutto uomini ad essere indottrinati dall'Islam); noi siamo fortunati, si, ad essere in un paese "libero" ma in effetti siamo proprio sicuri di essere liberi? Soprattutto negli ultimi anni c'è una tendenza alla standardizzazione, un convogliare le persone (grazie a mode e mass-media) verso un'uniformità di pensiero devastante, visto che poi perdiamo la capacità critica di pensare con la nostra testa senza pensieri stereotipati o indotti. Ecco, mi sono solo soffermata su questo pensiero, non so cosa ne pensiate voi. :blush:

"Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato" (Il signore degli anelli - Tolkien)

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14/12/2015 14:43 #21563 da Reba91
Risposta da Reba91 al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran
Direi che questo libro ha di bello il fatto di non essere troppo saggio ma quasi diario fatto di letteratura ed esperienze personali. Un altro libro che mi colpisce positivamente **

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14/12/2015 16:15 #21566 da Claudia1221
Risposta da Claudia1221 al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran
Immaginavo che la frase sulla felicità avrebbe aperto una bella discussione, e concordo con quello che avete detto.

Max, io non penso che l’obiezione da te sollevata sia solo di natura semantica: concordo anzi con Pier, quando sostiene che il termine “felicità”, in quel contesto, potrebbe sconcertare il lettore. Ritengo dunque le tue osservazioni assolutamente pertinenti. Ma, come dice Bibba, mi sembrano anche un po' estremizzate. Perché - come ha scritto Guido - si presuppone che il lettore sappia fare una distinzione: "un conto è il piacere di leggere un buon libro. Un conto sono l'amarezza, la tristezza ed il disagio che derivano dalla lettura di storie come quella raccontata dalla Nafisi".

Fatta questa premessa, penserei di risolvere la questione in questo modo, chiedendoti semplicemente: il libro ti è piaciuto? Il termine "piacere" non sarà sinonimo di "felicità", ma seguendo il tuo ragionamento mi aspetterei comunque un NO secco: come potresti infatti ricavare piacere leggendo delle disgrazie altrui, finte o reali che siano?

Allo stesso modo, non dovrebbero piacere neppure Guerra e Pace, Titanic, o Guernica. E invece, quanti esclamerebbero: ah, che bel libro, che bel film, che bel quadro! E’ sadismo, è masochismo, è insensibilità? No, è semplicemente l'impressione suscitata da un’opera d’arte: che può emozionare, stupire, colpire e commuovere, a volte anche fino alle lacrime.

Eppure, non è forse vero che si può piangere anche "di felicità"? :)


Per quanto mi riguarda la felicità che può scaturire dalla lettura di un libro, anche se triste, riguarda le emozioni che esso può suscitarmi. Il fatto che parli di cose tristi non vuol dire che non possa suscitare in me delle emozioni positive. Prendiamo questo libro ad esempio, è evidente che le cose qui descritte possono lasciare sconcertati e molte volte intristiscono. Ciò non toglie che la lettura di questo libro ha suscitato in me felicità perché è un libro che mi ha spinta a riflettere, a condividere le mie emozioni e le mie impressioni. Si potrebbe più che altro dire la felicità dell'ottima lettura.

leggendolo ho trovato un'altra frase che ben di addice a questo discorso: In letteratura siamoin grado di comprendere anche i personaggi più mostruosi. Un bel romanzo è quello che riesce a mostrarci la complessità degli individui, e fa si che tutti i personaggi abbiano una voce; è allora che un romanzo si può definire democratico- non perchè sostiene la democrazia, ma per la sua stessa natura.

Concordo con Emilyjane quando dice che non è necessario aver letto i libri di cui parla ma è sicuramente meglio averli già letti. Sopratutto perché se sono libri che si ha in programma di leggere è un vero peccato sapere già tutto quello che succede... Insomma se non avessi già letto il grande Gatsby ci sarei rimasta di sasso, perché dice tutto, proprio tutto...

Riporto qualche altra frase del libro che mi ha colpita:

"Si raccomandò che le donne si vestissero in maniera consona quando andavano a letto, così che se il loro plazzo fosse stato colpito non sarebbero rimaste -esposte agli sguardi di estranei in modo indecente- ".

Pensare a ciò in un momento di guerra lo trovo veramente assurdo... ma le cose per noi incomprensibili in questo libro sono parecchie e forse questa non è neanche la peggiore, ma leggerla mi ha fatto venire un nervoso incredibile, in tutta quella sofferenza, questa era una delle principali raccomandazioni...

Mi è piaciuta molto anche la parte in cui si racconta del processo simulato al Grande Gatsby e anche in questo caso vorrei condividere con voi una frase che ho evidenziato in corso di lettura: una Frase di Nyazi, "l'unico personaggio positivo è Wilson, il marito tradito, quando uccide Gatsby, la sua è la mano di Dio. è lui la sola vera vittima. è il simbolo di tutti gli oppressi nel paese del...del grande Satana"

Trovo che questa frase renda evidente l'indottrinamento che subiscono, così radicale da fargli sempre e in ogni contesto individuare la violenza come soluzione, la quale non solo è condivisibile ma addirittura auspicabile in quanto guidata da Dio.

"Fino al giorno in cui mi minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?"
Harper Lee, Il buio oltre la siepe .

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14/12/2015 17:41 #21569 da bibbagood
Risposta da bibbagood al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran
Uff Claudia anche io volevo condividere la frase sul fatto che le donne dovessero andare a dormire vestite in modo decente nel caso in cui un missile colpisse casa loro,ma mi hai preceduto! Anche a me ha colpito tantissimo e l´ho dovuta leggere ad alta voce a un paio di persone che sopportano le mie considerazioni. L´autrice ogni tanto si lascia andare a frasi un po´ troppo a effetto,ma questa l´ha messa lì con una semplicità incredbile, come se fosse una cosa normale,ovvia, ed è secondo me invece uno degli aspetti più estremi che ha citato in tutto il libro. Sì, sappiamo che la vita della donna è difficile in quel mondo,ma in quella frase si esprime come lei in quanto donna deve stare attenta anche di come apparirà da morta! E mi sembra l´autrice lo dica riportando una frase del presidente o di un politico, non è lei che si fa prendere la mano elencando tutti gli aspetti negativi di essere donna. Questa frase è secondo me l´esempio di come queste testimonianze dovrebbero farci considerare più a fondo luoghi comuni su cui a malapena ci soffermiamo a pensare.

Poi per quanto riguarda il velo mi è piaciuto il paragone che fa ogni tanto con la nonna: prima che l´Iran diventasse un paese all´avanguardi agli inizi del 900, il velo era visto come un modo di professare la propria fede, intesa come quel sentimento intimo che ognuno decide di esprimere come vuole. Poi nel momento in cui ci è stata la spinta progressista,allora il velo è stato vietato e alla nonna sembrava come se le staccassero un pezzo di identità, non poteva uscire senza indossarlo. Insomma, è bello il paragone perchè l´autrice fa vedere da due prospettive diametralmente opposte come la religione può essere strumentalizzata per fini politici senza alcun criterio, a seconda di ciò che fa comodo al momento.

EmilyJane, anche io all´inizio di questa discussione avevo fatto riferimento alla nostra pigrizia mentale, più che altro allacciandomi al ruolo che la letteratura può assumere per far nascere e sviluppare un po´ di senso critico in noi,ma mi ritrovo perfettamente in quello che dici tu in senso generale su valori, idee, stile di vita ( e che viene espresso secondo me bene anche in questa intervista dell´autrice su un altro suo libro, in cui appunto chiarisce come lei raccontando dell´Iran non vuole far passare il messaggio che l´America e l´Occidente siano un luogo perfetto, come sottolinea più volte anche in leggere Lolita a Teheran : www.huffingtonpost.it/2015/09/22/ntervis...zione_n_8177388.html ).
Sì, secondo me ci stiamo addormentando mentalmente,e ne abbiamo l´esempio in tante cose. Senza dilungarmi su questioni politiche fuori luogo, accenno semplicemente a dei miei amici (italiani) che dopo gli attacchi di Parigi, il sabato mattina stesso,hanno cominciato ad inneggiare alla guerra come l´unica cosa necessaria da fare subito...al di là del fatto che chi pensa che la guerra sia necessaria possa avere motivazioni condivisibilissime, forse prima di sparare a zero affermando certe cose in modo cosi estremo bisognerebbe prima riflettere un attimo, informarsi un minimo, giusto per rendersi conto di cosa si dice quando si apre bocca (io mi riferisco a persone che conosco e che so per certo che hanno aperto bocca così tanto per,senza sapere neanche in che parte del mondo si trovi questo fantomatico Medio Oriente; e ciò mi ha messo molta tristezza, perchè con tutti i mezzi che abbiamo ,informarci e cercare di avere un pensiero critico verso ciò che affermiamo penso sia un dovere; ma vabeh.)

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14/12/2015 18:15 #21577 da Novel67
Risposta da Novel67 al topic Dicembre 2015 - Leggere Lolita a Teheran

Concordo con Emilyjane quando dice che non è necessario aver letto i libri di cui parla ma è sicuramente meglio averli già letti. Soprattutto perché se sono libri che si ha in programma di leggere è un vero peccato sapere già tutto quello che succede... Insomma se non avessi già letto il grande Gatsby ci sarei rimasta di sasso, perché dice tutto, proprio tutto...


Infatti: ci son rimasto malissimo anch'io :pinch: : A questo punto, sapendo che si parlerà anche di James, preferisco sospendere la lettura e tornare a Tolstoj ...

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