L'ho finalmente iniziato sabato; ora sono circa a metà, appena iniziato la parte riguardante James.
Sono d'accordo con voi sul fatto che sia un libro potente, intenso, profondo e molto bello!
Mi piace la prosa della Nafisi, trovo molto interessante tutto quello che ha da dirci, sia che riguardi la dura vita a Teheran sia le sue analisi letterarie. A questo proposito, a onor del vero, bisogna dire che sarebbe preferibile aver letto le opere in questione di cui si parla (preferibile ma non necessario) perchè l'autrice le scandaglia a fondo, le rivolta come calzini tanto che sembra di conoscere l'opera pur non avendola letta.

Mi ha pure convinta a riprendere la lettura di Lolita che avevo deciso di abbandonare.
Sulla questione felicità di lettura mi trovo assolutamente d'accordo con Guido:
guidocx84 ha scritto: Secondo me il lettore dovrebbe essere in grado di distinguere le due cose.
Un conto è il piacere di leggere un buon libro. Un conto sono l'amarezza, la tristezza ed il disagio che derivano dalla lettura di storie come quella raccontata dalla Nafisi.
Per me è stato così almeno. Porterò con me il triste ricordo di quanto hanno dovuto affrontare (e di quanto devono affrontare) le donne in contesti sociali e culturali come quelli raccontati in questo libro.
Ma porterò con me anche l'enorme piacere e soddisfazione di aver letto il libro in sé stesso, cosa che mi ha permesso di approfondire una tematica importante, in un periodo storico particolare, e di discutere con voi sulla base di tantissimi spunti di riflessione, tra cui anche questo per l'appunto. 
Inoltre vorrei citare la spiegazione stessa che dà la Nafisi:
...Nabokov [...] sostiene che ogni grande romanzo è in realtà una fiaba. [...] Ogni fiaba offre la possibilità di trascendere i limiti del presente e dunque, in un certo senso, ci permette certe libertà che la vita ci nega. Tutte le grandi opere di narrativa, per quanto cupa sia la realtà che descrivono, hanno in sé il nocciolo di una rivolta, l'affermazione della vita contro la sua stessa precarietà. Ma è nel modo in cui l'autore riracconta la realtà, e ne acquisisce il controllo dando origine a un mondo nuovo, che questa rivolta prende forza: tutte le grandi opere d'arte, avrei dichiarato con solennità, celebrano l'insubordinazione contro i tradimenti, gli orrori e i tranelli della vita. La perfezione e la bellezza del linguaggio si ribellano alla mediocrità e allo squallore di ciò che descrivono.
Ecco, secondo me proviamo piacere solo al termine di una lettura triste perchè essa ci permette di esorcizzare i nostri demoni, di affrontare le nostre paure, di mettere ordine al caos interno che abbiamo, di scandagliare psicologicamente esperienze tristi che abbiamo vissuto oppure semplicemente ritenerci fortunati a non aver vissuto le esperienze negative descritte in quel romanzo/opera.
Riporto anche un'altra citazione dal libro che mi è piaciuto moltissimo:
"Un romanzo non è un'allegoria" dissi verso la fine della lezione. "E' l'esperienza sensoriale di un altro mondo. Se non entrate in quel mondo, se non trattenete il respiro insieme ai personaggi, se non vi lasciate coinvolgere nel loro destino, non arriverete mai a identificarvi con loro, non arriverete mai al cuore del libro. E' così che si legge un romanzo: come se fosse qualcosa da inalare, da tenere nei polmoni. Dunque, cominciate a respirare. [...]"
Insomma leggere, ovvero "respirare", per vivere. Che forza questa Nafisi, quanto mi sarebbe piaciuto avere una professoressa come lei, una donna non solo di vasta cultura ma intelligente e libera pensatrice.
E su quest'ultimo punto ho fatto un mezzo pensiero: leggendo questo libro vediamo quante poche libertà abbiano a livello fisico e materiale le donne a Teheran, forse anche a livello mentale indottrinate dall'Islam (ma nel libro vediamo soprattutto uomini ad essere indottrinati dall'Islam); noi siamo fortunati, si, ad essere in un paese "libero" ma in effetti siamo proprio sicuri di essere liberi? Soprattutto negli ultimi anni c'è una tendenza alla standardizzazione, un convogliare le persone (grazie a mode e mass-media) verso un'uniformità di pensiero devastante, visto che poi perdiamo la capacità critica di pensare con la nostra testa senza pensieri stereotipati o indotti. Ecco, mi sono solo soffermata su questo pensiero, non so cosa ne pensiate voi.