mulaky post=53111non si riesce a entrare in empatia con i personaggi perché il racconto è troppo breve.
Ciao Giorgia! Questa tua osservazione (che in passato ammetto di aver riportato anche io come commento per qualche libro che ho letto) mi ha indotto a fare una piccola riflessione personale. Recentemente ho avuto modo di riflettere un po' sulla questione e ho cambiato la mia visione. Provo a spiegarla.
L'empatia, intesa come la capacità di comprendere lo stato d'animo altrui, ovvero di "mettersi nei panni dell'altro", assorbendone o percependone in maniera molto forte le emozioni o altri sintomi fisici, è un qualcosa che varia molto da soggetto a soggetto.
L'empatia rientra in quell'insieme di competenze che spesso vengono definite competenze trasversali (o soft skill) che sono soggettive, più o meno affinabili/allenabili, più o meno utili (anche a seconda del lavoro che si fa), che si attivano in noi in contesti e situazioni diverse.
Credo che, sulla base di questo, ognuno possa reagire in maniera altrettanto diversa a quello che legge. Quindi dire che "non si riesce ad entrare in empatia con i personaggi perché il racconto è troppo breve" forse è una generalizzazione che non ci sta, in quanto potrebbero esserci persone (come me ad esempio) che invece sono entrate molto in empatia con i personaggi, nonostante la brevità del romanzo. Un esempio che mi viene subito in mente è questo (ma potrei farne altri):
Ancor più forte è la riflessione che ne scaturisce subito dopo da parte di Candy in merito all'emarginazione degli anziani. Lì ho avuto davvero i brividi perché l'ho trovata realistica e attuale anche nella nostra società (parlo spesso con mio nonno e lui mi dice spesso di sentirsi sempre più emarginato dalla società che si muove molto più velocemente di lui, al punto da farlo sentire uno scarto (e non siamo neanche tra le nazioni del mondo che abbandonano gli anziani al proprio destino... c'è di peggio da altre parti...).
Magari queste mie emozioni potranno sembrare strane o esagerate a chi non ha provato le stesse emozioni leggendo quella parte di testo ma sta di fatto che dimostra che le reazioni emotive che prova ciascuno di noi a seconda del contesto sono diverse e si presentano anche con forze diverse.
Attenzione: con questo ovviamente non voglio dire che se uno non è riuscito ad entrare in empatia con i personaggi di questo libro allora automaticamente non è una persona empatica.
Dico soltanto che, in tal caso, magari ciò che si è letto non ha toccato certe corde che invece ha toccato in altri e che pertanto, secondo me, più generalmente potresti dire: "non sono riuscita a entrare in empatia con i personaggi perché il racconto è troppo breve". In tal caso, nulla da eccepire al tuo commento
Prima di iniziare il capitolo 4 vorrei soffermarmi su un altro aspetto che trovo abbastanza importante, perché peraltro ci permette di capire come fosse improntata la società americana di quei tempi (e di scoprire che forse non è così cambiata...). Riporto alcune frasi incontrate tra il secondo ed il terzo capitolo.
"
Be', non ho mai visto nessun uomo darsi tanta cura per un altro. Voglio sapere qual è il tuo interesse".
"
Non ce ne sono molti che vanno in giro a lavorare in coppia", scherzò. "Non so perché. Forse in questo dannato mondo ognuno ha paura dell'altro."
"È strano come tu e lui siete affiatati". Era il calmo invito di Slim alla confidenza. "Strano cosa?" chiese George sulla difensiva. "Be', non so. Quasi nessuno dei ragazzi si muove in coppia. Quasi mai ne ho visti due lavorare insieme. Lo sai come sono gli uomini, arrivano, si fanno la cuccetta, lavorano una mesata, e poi se ne ripartono da soli. Non ce n'è uno a cui importi degli altri. È strano che uno suonato come lui e un tipetto sveglio come te lavorino insieme".
Sembra che Steinbeck ci tenga particolarmente a farci riflettere su questo argomento. I temi in questo romanzo sono molti: l’illusione del sogno americano, il razzismo dell’America del sud, una società crudele e scossa dalla Grande Depressione, e, soprattutto
la solitudine.
Tramite George, Steinbeck secondo me vuole trasmetterci il suo pensiero sull'argomento, che non emerge soltanto in relazione al rapporto tra George e Lennie ma anche in tanti altri casi. Pensate ad esempio al fatto che nel romanzo tutti i personaggi sono fondamentalmente soli.
Riallacciandomi all'argomento trattato prima nel mio post, Candy rivela a George di essere terrorizzato dal fatto di essere sempre più un vecchio (per di più mutilato) e che, come il suo povero cane, sia diventato inutile.
"Mi licenzieranno presto, appena non sarò più in grado di spazzare i dormitori mi mandano a spasso".
Crooks, lo stalliere di colore, viene evitato da tutti. Un classico...
La stessa solitudine secondo me la prova la moglie di Curley che è in cerca di attenzioni ed interazioni con gli altri personaggi della storia probabilmente non perché è una troia (come dicono i maschilisti personaggi messi in scena dall'autore) ma perché probabilmente si sente intrappolata in un matrimonio ed in una situazione di vita lontane da quelle che desiderava.
Quindi la solitudine è il filo conduttore che si manifesta in ordine con la discriminazione per i vecchi, per le persone di colore (un classico purtroppo ancora molto attuale in America...) e per le donne.
E in tutto questo scenario di solitudine distribuita invece il contrasto forte per il lettore è l'affiatamento, la sinergia, l'amicizia genuina (nonostante le loro diversità) tra George e Lennie, che fa addirittura insospettire gli altri. I personaggi con cui si rapportano vedono nel loro comportamento un qualcosa di "alieno", quando invece non si rendono conto che gli "alieni" sono loro. L'essere umano è un animale sociale, è fatto per stare insieme ad altri esseri umani. L'unico modo per sconfiggere la solitudine è condividere il proprio percorso di vita con altri. Aprirsi agli altri, anche se diversi da noi. Una società che ostacola questo tipo di interazioni, è una società malata destinata ad incancrenirsi.
"Non ho nessun altro", disse George. "Ne ho visti di ragazzi che girano da soli per i ranch. Non gli fa bene. Non si divertono. Dopo un bel po' diventano cattivi. Attaccano briga in continuazione". "Già, diventano cattivi", concordò Slim. "Al punto che non vogliono più scambiare una parola con nessuno". [...] Ma se ti sei abituato a girare con qualcuno non te ne puoi liberare".