Il mio libro di oggi è Il dottor Zivago di Boris Pasternak, letto la scorsa estate. Il protagonista, Yuri Zivago, lavora come medico al fronte e lì incontra il suo vecchio amico di infanzia Misha Gordon. In questa scena, gli racconta di quando aveva incontrato lo zar mentre visitava il suo reggimento in compagnia dello zio di Zivago.
... Più tardi, giacevano di nuovo nelle loro cuccette ai lati opposti della lunga e bassa finestra. Era notte e conversavano. Zivago raccontava a Gordon come aveva visto al fronte l’imperatore. Raccontava bene. Era avvenuto durante la sua prima primavera di guerra. Il comando dell’unità, alla quale era aggregato, si trovava nei Carpazi, in una vallata il cui accesso dalla parte della pianura ungherese era tenuto, appunto, da quella formazione dell’esercito. Nel fondo della vallata era la stazione ferroviaria. Zivago descriveva a Gordon l’aspetto della località, le montagne ricoperte di enormi abeti e di pini, nelle cui cime si impigliavano i bianchi fiocchi delle nubi, e i dirupi pietrosi di grigia ardesia e di grafite, che spiccavano fra i boschi, come nude chiazze su una folta pelliccia. Era un mattino d’aprile grigio, umido e oscuro come quell’ardesia, chiuso da ogni parte dalle alte montagne e perciò immobile e afoso. Si alzava la nebbia e incombeva sulla vallata. Tutto fumava e saliva verso l’alto in colonne di vapore: il fumo delle locomotive dalla stazione, la grigia evaporazione dei prati, le grigie montagne, i cupi boschi, le nuvole cupe. ...
Nel resto della pagina viene descritta la visita dello zar, ma ho estratto solo questa parte perché in questo libro mi ha sempre colpito il modo poetico di descrivere i paesaggi della natura.