bene...procedo con la lettura...e volevo dire la mia su alcuni argomenti....
la questione premio Nobel.
Secondo me è marginale, nel senso che il libro a me piace tantissimo e mi piacerebbe anche se l'autore non avesse vinto il Nobel. Però la questione esiste. E la sua esistenza l'ho data quasi per scontata, visto quanto ancora oggi accade (penso in particolar modo al premio Nobel a Mo Yan).
In realtà, a leggere i vincitori del premio Nobel per la letteratura si nota qualcosa di interessante:
1958 - Pasternak
1959 - Quasimodo....
1965 - Solochov
il Nobel del 1965 mi ha fatto pensare....e allora ho fatto qualche ricerca e in realtà ho scoperto che da qualche anno sono usciti i documenti dell'Accademia di Svezia, dai quali emerge con chiarezza che il premio Nobel fu assegnato su pressione della CIA per motivi politici, a scapito del nostro Alberto Moravia. Tanto che questo portò diverse noie diplomatiche...risolte con l'assegnazione del premio a Quasimodo, l'anno dopo, e a Solochov (gradito al regime sovietico), nel 1965.
la storia.
lo stile di Pasternak mi piace molto. trovo la sua scrittura molto scorrevole, e mi piacciono le sue descrizioni. ci sono tante storie che si intrecciano nel tempo e nello spazio, e ne esce un'umanità complessa, piena di luci e di ombre, che rispecchia in pieno la complessità e il fascino del popolo e del territorio russo. anche la storia d'amore tra Lara e Zivago, secondo me, si inserisce in questo quadro: tra le sofferenze dell'uomo (tra le quali c'è anche il fallimento dell'utopia marxista) si eleva l'amore, segno di rinascita e di speranza (qui sta tutta la poesia del romanzo, secondo me).
Il dottor Zivago, sotto molti punti di vista, mi ricorda I promessi sposi di Manzoni. In entrambi i casi ci sono delle descrizioni molto belle. Entrambi sono anche poeti. E poi ci sono le storie degli uomini, che si intrecciano con la grande Storia, alle quali le cronache raramente davano peso. In Manzoni però, c'è la grande fede nella provvidenza, che tutto muove e tutto ricompone. Mentre in Pasternak, soprattutto rispetto alle due tematiche della religione e della politica, è tutto più complicato e ambiguo: narra storie di disordine morale, impensabili in Manzoni (lo conferma ancora la storia di Lara e Zivago); critica il regime sovietico, ma lo fa su un piano non meramente politico, ma spirituale ed estetico. In realtà, egli è alla continua ricerca dello spirito russo, che lo zar non era riuscito a soffocare e la rivoluzione non era riuscita a riscoprire. A conferma di ciò, secondo me c'è un dato: all'assegnazione del premio Nobel non gli viene vietato di ritirarlo, ma se lo avesse preso non sarebbe potuto tornare in Russia. è questo ciò a cui egli dice no, non riesce ad allontanarsi dalla sua terra.