Buonasera a tutti!
Ho atteso fino a questo momento (sono a 3/4 del libro) per leggere i vostri commenti perché solo ora sto comincindo a formarmi un'opinione più precisa.
Innanzitutto, vorrei definire questo libro "elettroco". Il ritmo è estremamente veloce, scela dell'autriche che ritengo azzeccata: sui social, le ritmiche di conversazione e interazione sono ben diverse rispetto a quelle legate all'offline. Spesso questa frenesia lascia interdetti, costringendo a porsi la domanda "ma perché?!?!?!?!?!", cosa che accade spesso anche durante comunicazioni con altri utenti del web. Persone che improvvisamente interrompono la comunicazione, che evitano argomenti che sembrano perfettamente normali e adatti a qualsivoglia tipo di discussione ecc...
Per quanto mi riguarda, credo che se fossi costretta a avere un kentuki o essere un kentui, sceglierei di gran lunga avere un kentuki. L'idea di passare una quantità non indifferente di tempo osservando una persona vivere la propria quotidianità mi mette una tristezza... credo che favorirei persino l'invasione della mia privacy all'essere vincolata a restarmene ore e ore di fronte a uno schermo, intenta a vivere la vita di qualcun altro. Essere un kentuki mi sembra molto vicino al concetto di "guardare il mondo dietro al buco della serratura".
Vorrei però porre l'accento su un aspetto sul quale ho trovato un parallelismo guardando un video dedicato al "catcalling", ovvero ai differenti tipi di reazioni che le persone adottano nel momento in cui possono mantenere un anonimato. Il motivo per cui è molto più usuale sentire uomini che "ti fischiano" passandoti accanto in macchina piuttosto che trovandosi faccia a faccia è che, trattandosi di un'interazione effimera e fine a se stessa fatta durante un'atto quasi considerabile "di fuga", la persona non compromette la propria immagine, essendo in grado di mantenere il già menzionato anonimato.
Ho trovato interessante notare che alcuni di coloro che "erano kentuki" abbiano deciso di mantenere un atteggiamento quantomeno coerente con quello della propria persona fisica, mentre altri hanno deciso di adottare atteggiamenti che dubito fortemente avrebbero azzardato nella vita reale.
Parlando di questi casi, ritengo che il kentuki non compia un'opera di traviamento dell'animo umano, ma ne sia in realtà uno spietato rivelatore: danno semplicemente la possibilità di rimuovere tutti quelle sovrastrutture sociali che impongono un determinato codice di condotta morale. L'essere umano, spogliato di queste, è libero di comportarsi come più gli aggrada (anche in modo perverso, crudele o violento), poichè libero da ripercussioni.
Credo quindi che essere un kentuki non vada a modificare l'animo umano, ma a esasperarne determinate componenti... ESATTAMENTE COME SUCCEDE SUI SOCIAL. Una persona educata e con una solida etica morale resta tale di persona, in videochiamata o per messaggio. Al contrario, perdonate il francesismo... un cafone maledicato resta un cafone maleducato, ancor più nel momento in cui può nascondersi dietro in kentuki, che può essere il perfetto corrispettivo di un account fake.
Non ritengo che questo libro presenti solo una critica legata ai social, ma un vero e proprio studio sociale. Ecco perché anche io, come hanno scritto altri, fatico a considerarlo parte del genere "fantascienza"... mi sembra piuttosto REALISMO SOTTO PSEUDONIMO!