Ho terminato il capitolo terzo dell'edizione BUR. Sicuramente, per ora, permane la sensazione di una storia che deve ancora decollare. Ma ringrazio Graziella per il suo lavoro di ricognizione nei seguenti capitoli che ci rassicura sulla assoluta dignità e rispetto di questo lavoro. Ciò mi motiva a proseguire curioso.
Certo D. è coerente nel rappresentare alcuni tratti tipici dell'irrequietezza adolescenziale.
Per esempio, in un passo, il protagonista dice: "e, soprattutto, la mia agitazione di allora, che arrivava a un tale stato di confusa febbrilità che perfino non dormivo la notte a causa della mia impazienza e degli enigmi che mi ponevo."
Più avanti ho trovato anche un altro passo del tema a me caro:
"Forse ho fatto molto male a mettermi a scrivere: dentro rimane incommensurabilmente di più di quanto non venga fuori a parole. Il vostro pensiero, anche se dappoco, finché rimane dentro di voi è sempre più profondo, mentre, espresso in parole, è più ridicolo e ignobile. Versilov mi ha detto che è esattamente il contrario soltanto nel caso delle persone malvagie. Quelle non sanno che mentire e riesce loro facile; io invece mi sforzo di scrivere tutta la verità e ciò è tremendamente difficile!"
In questo caso non mi ritrovo in quanto afferma l'autore. Personalmente sono un pessimo mentitore e quindi, anche quando si tratta di piccole bugie a fin di bene, mi incarto e finisco per esser scoperto ancora prima di aver terminato la frase...
Mi sono appuntato anche questo passaggio:
"Come si può dire a un uomo che non c’è nulla da fare? Io non riesco ad immaginarmi una situazione nella quale non ci sia più nulla da fare! Fate qualcosa per l’umanità e del resto non preoccupatevi. C’è tanto da fare che non basta una vita intera, se ci si guarda attorno con attenzione"
Mi piace perche contrasta con un atteggiamento che potrebbe impedire di fare ciò che all'apparenza sembra poco, ma che se fatto da tutti diventa enorme. Su questo si basa, per esempio, il poter essere in qualche modo efficaci in tutte quelle cause che richiedono uno sforzo comune (come per es. in ambito ecologico).
Ed è bella la dialettica che D. crea riproducendo in modo efficace anche le posizioni opposte a quella appena descritta:
"Perché mai dovrei necessariamente amare il mio prossimo o questa vostra futura umanità che non vedrò mai, che non saprà mai nulla di me e che, a sua volta, è destinata a putrefarsi senza lasciare traccia né ricordo (il tempo qui non ha alcun valore), quando la terra si trasformerà a sua volta in un sasso gelato che volerà nello spazio, privo d’aria, assieme a un’infinità di altri sassi gelati simili ad essa, ossia una cosa che più insensata di così non la si può immaginare? Ecco la vostra dottrina! Ditemi, perché necessariamente debbo essere nobile, se tutto poi non dura che un attimo".
Potrebbe benissimo essere la posizione dell'antiecologista che si oppone a un discorso di sostenibilità ambientale. In fin dei conti il punto, come ben sottolineato dal naturalista inglese David Attenborough, non è salvare il pianeta, perche esso sopravviverà alla razza umana (come evidenziato dal caso di Chernobyl in cui nel giro di 40 anni circa, una foresta si è riimpadronita della città), ma bensì, creando condizioni compatibili alla stessa vita umana, salvare la stessa umanità.
Scusandomi per la confusione che aggiungo a quella di D. con il mio post, proseguo interessato alla lettura.