Sono al
quinto capitolo (concluso) della
prima parte, procedo lentamente ma con piacere.
La scrittura di Doestoevskij mi affascina terribilmente e tutto il divagare di Arkadij mi trasporta inesorabilmente da una pagina all'altra, non importa se non si arriva subito al punto, mi piace perdermi nei suoi discorsi e vedere dove vuole portarmi. Probabilmente da nessuna parte, eppure continuo ad ascoltare questo
adolescente con tanta curiosità. Vi dirò di più, quando sento di aver perso un pezzo rileggo con piacere i capitoli per non perdermi nessun passaggio.
Sono solo cinque capitoli ma ho già appuntato un po' di argomenti: il desiderio di conoscere il padre, la speranza che non sia quello che viene descritto, la sua fantomatica idea che mi ha fatto sorridere e che allo stesso tempo mi ha dato l'impressione che Arkadij non sia poi così tanto immaturo.
Cerco di spiegarmi e per farlo mi servo di una frase:
"la segreta coscienza del potere è assai più piacevole dell'aperto dominio."
Ho riflettuto su questo: una tipologia di ragazzino di oggi ambisce alla fama, al potere, alla ricchezza, a
mostrarsi famoso, ricco e potente, ma difficilmente credo che riuscirebbe a ritrovarsi nella frase che ho citato. Oggi essere potente e famoso e non mostrarlo equivale a non esserlo, sei solo ed esclusivamente quello che mostri. Mentre una mente più matura riesce già ad elaborare il concetto della citazione che potrebbe riassumersi in "so quello che valgo e non ho bisogno di mostrarlo".
Una cosa in cui non mi sono trovata d'accordo con Arkadij è
Personalmente agisco al contrario, se ho un'idea, un principio, qualcosa in cui credo cerco di saperne il più possibile per vedere se il mio credo è un credo giusto, senza il timore di vedermelo smontato.
Alla fine del
capitolo cinque si parla ancora della sua idea e mi è piaciuta la morale del discorso riportata già da
Mattia.P, ve la riporto nell'edizione Einaudi: "La storia con lo studente mia aveva rivelato che l'<<idea>> poteva farmi giungere fino a un ottenebramento completo delle impressioni e sviarmi dalla realtà quotidiana. La storia di Arinuška invece m'aveva rivelato il contrario, e cioè che nessuna <<idea>> è capace di prendere possesso in noi, in ogni caso di me, fino al punto d'impedirmi di fermarmi a un tratto dinanzi a qualche fenomeno importante e di sacrificare a esso, in una sola volta, tutto ciò che attraverso anni di fatica avevo già fatto per l'<<idea>>. Entrambe le deduzioni erano esatte."
Ho riflettuto anche sul discorso denaro:
"Il denaro, certo, costituisce un potere dispotico, ma nello stesso tempo la più alta uguaglianza, e in questo sta tutta la sua forza. Il denaro livella tutte le disuguaglianze".
Cosa ne pensate al riguardo? Io credo sia una triste, bruttissima realtà che esiste da sempre.
Per concludere questo primo commento vi rivelo che non vedo l'ora di leggere ancora dell'inciucio di Versilov e la figlia del vecchio principe.