Pier, tu sei l'amico più caro che ho, e lo sai. Premesso questo ritengo che quello che scrivi è perfettamente vero. Non avrei potuto leggere la sola Proust, senza il tuo supporto e quello di Francesca. E ora con l'Adolescente avviene la stessa cosa. Per questo l'ho avevo messo tra i romanzi da leggere in condivisione. E' vero il romanzo sui Fratelli Karamazov è davvero diverso, come diciamo tutti, e lo dice anche Freud nel suo piccolo saggio su "Dostoevsckij e il parricidio"
Questo romanzo, per "impossessarmene" fino in fondo, ho dovuto leggerlo tre volte, l'ultima è stata nel 2019 o '18, quando abbiamo iniziato a leggere assieme Proust e io vi ho chiesto un po' di tempo per rileggerlo. Perché queste tre letture così distanti le une dalle altre? Perchè ho sempre avuta la sensazione come si può avere nei confronti di un uomo che ami, senti che lui è diverso dagli altri, ma non sai dire esattamente perché, non lo conosci davvero. E perché non lo conosci? Perché ti sei limitata a farti prendere e travolgere da quello che di lui appare, ti sei innamorata e non ti sei concentrata a penetrarlo.
Questo è proprio quello che mi è successo con i FRatelli Karamazov.
E questo è quello che mi sta succedendo con "L'Adolescente": vado avanti a leggerlo, mi mancano circa cento pagine, seguo il racconto, sento che qualcosa mi sfugge, a volte mi annoia, a volte mi sprona. Penso che mi toccherà rileggerlo, perchè sento che quello che sto leggendo ora non riesce a rivelarmi quello che seocondo me, Fedor ci ha voluto comunicare con questo suo romanzo.
Qualcosa ho ritrovato di ciò che i biografi hanno scritto di Dostoevskij in Europa. Per esempio la sua critica nei confronti della cultura europea messa a confronto con la cultura russa. La sua esaltazione nei confronti dell'animo russo.
Riporto da un colloquio tra padre e figlio (pag. 505, sottocapitolo III, del capitolo settimo della terza parte)
Dice Vasilov al figlio:
" Si, ragazzo, te lo ripeto che non posso rispettare la mia nobiltà. Da noi s'è fermato da secoli un tipo culturale superiore ancora mai visto altrove, che non esiste nel mondi intero, colui che soffre per tutti gli altri. E' il tipo russo, ma siccome è preso dalla strato culturale superiore del popolo russo, io, dunque ho l'onore di appartenervi. Racchiude in se il futuro della Russia. Di noi, forse, in tutto ce n'è solo un migliaio, forse di più, forse di meno, ma tutta la Russia ha vissuto soltanto per produrre questo migliaio. diranno che sono pochi, s'indigneranno che per un migliaio di uomini siano stati consumati tanti secoli e tanti milioni di persone del popolo. A parer mio , non sono pochi."
In queste poche righe io ci vedo un grande pensiero di Fedor, un suo modo di ragionare non solo tipicamente russo, ma di un russo che trovatosi nell'ottocento che è il preludio della rivoluzione del 1918, in quello spirito russo di alcuni nobili, e scrittori, ormai avvertono arrivare come una tempesta, usciti dalla "schiavitù" dei servi della gleba si trovano pur appartenenti alla classe sociale dei "Nobili" ad aver fatto una scelta verso i poveri, i diseredati, quelli che po diventeranno i proletari , quelli stessi che faranno fuggire all'estero le persone colte, gli artisti, di scrittori.
Dostoevskij, secondo me si trova tra il pensiero socialista e il pensiero cattolico ortodosso, vive dentro se stesso una grande ambivalenza, si ma vuole tenere alto il suo sentimento verso la "grande madre": la Russia.
Forse Dostoevskij muore senza aver risolto questa sua "ambivalenza" .
Io, Pier, e gli altri amici del club che stanno leggendo con me, posso assicurarvi che quello che ho scritto molto confusamente, è però "tutta farina de mio sacco". E vorrete scusare se questa elaborazione del mio pensiero non vi tornerà molto chiara.
"ESSERE! ESSERE E' NIENTE. ESSERE E' FARSI".
(Da "Come tu mi vuoi" di Pirandello)