Volevo scansare questo libro con tutte le mie forze. Sono una sostenitrice dei libri dolorosi ma una cosa è leggere un romanzo, un'altra è leggere un libro sapendo che l'autore ha lo stesso vissuto del protagonista e sapendo che il tema centrale è la malattia.
L'ho letto veloce come ha fatto Pier, come fosse un cerotto da strappare in un unico colpo secco, eppure, nonostante gli sforzi, è stato inevitabile in alcuni punti soffermarsi a pensare, a riflettere, a immedesimarsi nella storia, quindi ho fatto l'unica cosa che potevo fare, mi sono fermata, mi sono seduta a tavolino con le mie paure e abbiamo letto insieme questo libro.
La cosa che ho apprezzato di più è il tratto tragicomico presente per tutto il libro. Mi è piaciuto perché non si discosta dalla realtà. Non è un dolore forzato o montato ad arte quello che traspare dalle pagine, è un dolore reale che inevitabilmente si trasforma in commedia. Sfido chiunque a non aver vissuto situazioni tragicomiche. È la vita in sé ad essere tragicomica.. a prescindere da tutto e in proporzioni diverse per ogni situazione.
L'incipit sul funerale è molto bello. Non ve lo nego, mi è capitato di pensare ogni tanto al mio funerale (ho già dato disposizioni al mio fidanzato, non si sa mai
) un po' perché, come il marito di Francesca, esorcizzo il tema autodiagnosticandomi malattie che forse nemmeno esistono e immaginandomi scenari funesti, altre volte perché le circostanze (un ragazzo morto in motorino al centro del paese, la cronaca nera in tv, i racconti dei conoscenti...) mi spingono a farlo. Ci penso, mi impanico, mi deprimo e poi mi rispondo con una frase di Siani che mi fa sempre ridere: "si adda murì, more". Giusto per ricordarmi che la mia morte non dipende da me. Che non possiamo farci niente e che la morte è una conseguenza inevitabile della vita.
In realtà, proprio perché sono una persona ansiosa e alla morte ci penso, col tempo ho accumulato in testa un “pacchetto" di frasi per fronteggiare la paura pronte all’uso tratte da libri, film e serie tv. Evito di scrivervele perché rischierei di andare off topic ma se siete curiosi ve le rivelerò.
Tornando al libro, i personaggi mi sembrano tutti ben caratterizzati nonostante le poche pagine per descriverli, allo stesso modo l’ambientazione. Leggendo riuscivo a vedere chiare le immagini, ad immaginarmi le voci e i visi dei personaggi, come se fosse un film.
Mi hanno fatto morire dal ridere Marcello e la guaritrice: “e tu però, aggiunge lei, paga in nero, no tasse. Io guarire te. Ma no tasse.” Anche in qui la situazione è tragicomica: penso alla gente che non sa più dove aggrapparsi e sborsa fior di quattrini a santoni e guaritori.
Molto bella la frase di Elena sulla resilienza, (una parolona che ultimamente spopola dai tatuatori!
) e anche quella già citata da Alice.
Mi è piaciuto il parallelismo che l’autore fa tra il titolo e “la linea verticale del test di gravidanza”. Un dettaglio che mi spinge a pensare che la linea verticale non è altro che la vita. La dimostrazione di essere vivi.
Vi giro la domanda. Cos’è la linea verticale?
Concludo con una frase che aggiungerò a quelle pronte all’uso di cui vi parlavo sopra: “
Voglio essere centrato, voglio stare in piedi, voglio vivere in asse su una linea verticale. Non voglio avere paura, perché la paura ti mangia e non serve a niente.”
Grazie a chi ha avuto il coraggio e la forza di condividere il loro dolore con il Forum, siete preziosi.