Ho finito anche io la lettura e mi trovo d'accordo con @bibbagood sulla valenza politico-filosofica dell'ultimo capitolo. Non vado molto d'accordo con i temi politici, neanche quando applicati alla sociologia, per cui questo quarto capitolo per me è stato... poco convincente (?) Personalmente avrei condensato tutto nel terzo capitolo e avrei chiuso lì.
Nel terzo capitolo si parla di mixofobia, che la Treccani ci definisce come "rifiuto della mescolanza tra culture". Nel quarto capitolo, Bauman non fa altro che riprendere il concetto di mixofobia per spiegare come questa abbia portato alla nascita di un nuovo fenomeno: la paura per la propria incolumità.
Paura che già emergeva nel terzo capitolo, quando Bauman parlava delle strette suddivisioni del territorio tra etnie e classi sociali (per questo dico che avrebbe potuto condensare in un unico capitolo; non è che se ne esca con queste novità pazzesche).
Semplicemente, nel quarto capitolo c'è una spinta in più: la paura non è tanto per il diverso da noi, ma per il diverso che è visto come un "vivente di serie B".
La modernità ha sempre prodotto fin dal suo avvento enormi quantità di rifiuti umani. Ma le sue gravissime conseguenze sono state a lungo tenute nascoste dalla politica di smantellamento dei rifiuti…ovvero la trasformazione di ampie aree del mondo in discariche.
Ecco che quanto anticipato nel terzo capitolo assume tutto un altro sapore: la compartimentazione dei territori, infatti, non è tanto legata ad una volontà egoistica di avere un proprio spazio, scevro da ogni rischio di invasione, quanto piuttosto ad una vera e propria paura di "contaminarsi" attraverso il contatto con persone "portatrici di sporcizia".
Parte una riesamina delle "discariche umane" che sono state create sin dai tempi dell'imperialismo. Confinare gli indesiderati in certe zone geografiche è sembrata, fino a questo momento, un'ottima idea: per difendersi dalla contaminazione, infatti, basta evitare accuratamente di valicare i limiti della "civiltà".
Ma "
oggigiorno il pianeta sta esaurendo tali discariche, mentre la produzione di rifiuti continua inesorabilmente". Che fare allora?
La soluzione più ovvia sarebbe fermarsi un attimo a riflettere; ma in un mondo che corre a velocità supersoniche forse è meglio dichiarare di avere la coda, susciterebbe meno perplessità. Meglio giustificare l'esistenza delle discariche umane dietro a motivazioni assurde ma perfettamente logiche: "gli immigrati ci rubano il lavoro"; "gli immigrati ci vogliono colonizzare"; "il terrorismo è colpa degli immigrati". Ma quante volte le sentiamo queste cose in quei salotti pseudo-intellettualoidi alla tv? Purtroppo, veramente troppe. E continuano ad aumentare.
Gli stranieri, resi capro espiatorio di tutti i mali del mondo, "
si trovano sotto una duplice morsa: vengono cacciati dal loro paese e respinti dal paese ospitante. Essi vengono catapultati in un niente, in un luogo senza un luogo".
Visto e considerato che molti governi (tra cui il Trump 2, come tristemente ricordava @bibbagood) propongono di confinare i migranti in appositi campi-discariche, possibilmente fuori dalla città, "
il cui accesso è severamente vietato alle altre forme di vita", forse è quasi meglio abitare un non-luogo. In un non-luogo sei comunque libero; in un campo no. In un campo non hai neanche la dignità di essere umano, la dignità di cui ci parlava Bauman nel terzo capitolo (e torno sempre là, poteva unire).
Questo quarto capitolo ha il sapore della profezia nefasta, quella che sai che incombe sulla tua testa ma che fai di tutto per ignorare, come i bambini che nascondono gli occhi dietro le dita e per loro è tutto scomparso. E invece è ancora tutto qui; e lo stiamo vedendo, oggi più che mai. La considerazione è amarissima, e quel foriero di cattivi presagi di Bauman non se ne poteva certo esimere.
Però non tutto è perduto: anche Bauman, infatti, riconosce nel dibattito una possibile via d'uscita. In fondo, la costruzione sociale è, per l'appunto, una costruzione; e come tutte le costruzioni, può comporsi e ricomporsi continuamente.
Chissà se in futuro questa costruzione smetterà di essere prigione e diventerà castello.