EmilyJane ha scritto: Io sono un po' indecisa. Ho capito le tue motivazioni per le proposte Guido però sono dubbiosa sul libro di Zygmunt Bauman, un autore di cui ho sentito parlare da tempo e che mi incuriosisce ma perché scegliere un'intervista anziché puntare su uno dei suoi libri più acclamati? Ho paura di "bruciare" questo autore con un libricino che, come hai detto, risulta un riassunto dei suoi lavori invece di partire con una sua opera più ampia. Mah?!
Sul terzo non sono molto incuriosita, anche perché il libro di Uhlman io non l'ho mai letto e preferirei iniziare da quello se trattano gli stessi argomenti.
L'isola del tesoro invece mi incuriosisce di più anche se non ho idea se possa offrire o meno spunti di riflessione e dialogo.
Ci penso ancora un po', cmq sono interessanti proposte da valutare 
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Ciao Erica! Provo a fare un po' di chiarezza su quali sono le ragioni che mi hanno spinto a scegliere proprio questo libro di Bauman e non un altro, come dici te, dei precedenti.
Bauman è stato (parlo al passato in quanto è morto a gennaio 2017) un sociologo, filosofo e accademico. Durante la sua lunga carriera ha prodotto una quantità innumerevole di scritti (se guardate la sezione 
    OPERE
) della pagina a lui dedicata su Wikipedia, ne troverete un'infinità. In questo mare sconfinato di saggi, in cui Bauman ha riportato per anni il suo pensiero ed il suo lavoro, come potersi immergere se non si conosce l'autore ma si è incuriositi dal suo operato?
La mia scelta per il club è ricaduta su 
Nati liquidi perché l'ultimo libro rappresenta una sorta di testamento spirituale che Zygmunt Bauman ha deciso di regalare a quella società “liquida” di cui tanto aveva scritto. La riflessione del filosofo 
è diretta alle giovani generazioni: in un dialogo serrato con il giornalista Thomas Leoncini (del quale vi invito a visitare il 
    SITO
), Bauman ha ancora una volta usato le lenti della “liquidità” per analizzare la spasmodica ricerca di identità a cui oggi i giovani sono indotti.
Quindi, poiché Leoncini è più o meno della mia generazione, mi è piaciuta l'idea di iniziare a conoscere Bauman confrontandomi con una lettura dedicata alla mia generazione frutto della collaborazione tra un giovane e un mostro sacro quale sembra essere Bauman se si legge qualcosa di lui in rete.
Ripeto: non ho letto il libro ma i temi affrontati mi sembrano molto attuali. Credo che di argomenti da affrontare insieme qui sul club ce ne sarebbero moltissimi. Tanti spunti di riflessione che spesso soltanto un saggio può regalare a differenza di un romanzo.
In sintesi Erica, partire da una sua opera più ampia sarebbe complicato e rischierebbe di farci perdere la strada per tornare a casa. E' come se volessi arrivare in cima ad una montagna dalla quale osservare un immenso panorama e decidessi di farmi portare sulla vetta in elicottero. Mi perderei il gusto di arrivare sulla cima. E invece la mia idea è quella di partire piano piano dal sentiero a valle e poi, se mi piace cosa vedo, continuare il percorso alla scoperta della montagna... 
Relativamente al terzo libro, non ho detto che tratta gli stessi argomenti de 
La trilogia del ritorno. Ho detto che è ambientato nello stesso periodo storico e che mi fa ricordare il lavoro di Uhlman. Non ho letto neanche questo libro e quindi potrei sbagliarmi.
Perché ho scelto di proporlo? Per prima cosa perché mi affascina l'idea del rapporto epistolare tra i due protagonisti. Mi incuriosisce l'aspetto del cambiamento. Mi incuriosisce (e vorrei parlarne con voi) l'aspetto dell'indottrinamento che ti fa mettere il paraocchi a tal punto da non renderti più conto che stai sbagliando (e questo non vale solo per la guerra ma al giorno d'oggi potremmo fare molti esempi di questo tipo: il fondamentalismo ad esempio...). La recensione di Claudia poi mi ha convinto definitivamente quando dice: "Il libro è breve, ma le lettere sono molto intense e danno davvero l'idea della tragicità del momento storico in corso. Il finale è del tutto inaspettato e lascia il segno. Da leggere."
Questo libro, a differenza di quello di Bauman, credo andrebbe letto tutto d'un fiato (anche perché sono solo 77 pagine) per poi essere discusso qui sul Forum.
Nel 1938 la rivista «Story» di New York pubblica Destinatario sconosciuto, breve romanzo epistolare sui generis (venti lettere più o meno lunghe) firmato da un certo Kressmann Taylor. Nome d’arte in realtà. Un po' come George Sand. Ad adottarlo è la trentacinquenne Kathrine Kressmann. Nata e cresciuta nell'estrema provincia americana (in Oregon), Kathrine si trasferisce con la laurea in tasca a San Francisco. E nel 1928 sposa Elliott Taylor, proprietario dell'agenzia pubblicitaria dove lavora. Pubblicato nel 1939 come libro vero e proprio, vende in America cinquantamila copie. Da tutta l'Europa continentale, dove ne viene immediatamente vietata la circolazione, viene ignorato per sessant'anni: solo nel 1999, tre anni dopo la morte dell'autrice, viene tradotto in francese e diventa un best-seller.
Spero di aver risposto a qualche dubbio e di avertene creati altri... la scelta non vuole essere facile... ma ragionata