Ciao! Anche oggi recupero due libri, ma così domani chiudo in pari!

Intanto, che belle scelte... di quelli che sono comparsi vorrei leggere senza dubbio "Frankenstein", "Ragione e sentimento" (Sara, fammi pure un fischio quando vuoi compagnia!) ma anche Paul Auster mi ha molto colpito. Su Palahniuk io ci ho fatto una croce sopra, lo detesto (gusti/sensibilità/ecc.).
Super affascinante anche il libro sul pensiero giapponese, che anche a me interessa parecchio, e di conseguenza anche il romanzo proposto da Giorgia! Di letteratura giapponese ho in libreria "Neve sottile", che mi ha regalato un'amica che ne sa, chissà quando lo leggerò! È un bel tomazzo, ma mi ispira!
Tornando ai miei recuperi, li metto entrambi qua sotto. Sono libri diversissimi: il n. 2 è il tomazzo religioso-mitico di Joseph Campbell, "Il viaggio dell'eroe", mentre il n. 5 è "Deep work", un classico sul time management. Il primo non l'ho letto, il secondo sì, molto utile.
A pagina 229 di Campbell leggo, entusiasmandomi:
"Il tormento dello sforzo per superare i limiti personali equivale al tormento dello sviluppo personale. L'arte, la letteratura, il mito e il culto, la filosofia e le discipline ascetiche, sono tutti mezzi forniti all'individuo per aiutarlo a superare i confini del proprio orizzonte e penetrare in zone di realizzazione sempre più ampie. Mentre egli varca una soglia dopo l'altra, sbaraglia un drago dopo l'altro, la statura della divinità che egli invoca aumenta sempre di più, sino ad abbracciare il cosmo. Alla fine, la mente supera i confini del cosmo e giunge a una realizzazione che trascende tutte le forme, tutti i simboli, tutte le divinità; una realizzazione del vuoto ineluttabile."
La pagina 53 di "Deep work" è in mezzo a un ragionamento più lungo e un po' noiosa, ma provo a estrapolarvi qualcosa: in pratica, Newport tratta di alcune eccezioni alla regola che postula per tutto il libro, cioè che al giorno d'oggi siamo un po' troppo disturbati mentre lavoriamo, anche a causa dell'iperconnessione, e sarebbe bene abituarsi a isolarsi di più e lavorare più concentrati per più tempo. C'è qualche eccezione, ammette, e sono soprattutto le persone che lavorano tanto a contatto col pubblico o i venditori, per cui contano più le connessioni che le ore passate in full immersion. Ma si tratta di eccezioni! Infatti ammonisce:
"Non avventatevi, però, a etichettare il vostro lavoro come necessariamente superficiale. Solo perché le abitudini attuali vi rendono difficile concentrarvi al massimo non significa che dobbiate lavorare esposti a continue interruzioni e distrazioni".