Ciao a tutti!
Ho da poco passato la boa della meta del libro, circa pagina trecento quindi, e il mio piacere è più o meno costante. Gran bella lettura.
Per ora, tra i capitoli dedicati specificatamente alla famiglia protagonista e sue passeggere compagnie ed incontri, il voto pieno e maggiore lo assegno al capitolo due. Ne sono passati tanti altri, a loro modo molto belli ed unici, soprattutto in quanto a descrizione di ambienti e interazioni sociali, ma il secondo mi ha scavato dentro qualcosa. Quel qualcosa che nella lettura ti costringe a fermarti, abbassare e socchiudere il libro tenendo il segno con un dito, e dire caaaazzo. Eccola. Stavo resistendo.. ma l'ho detta e.. ti pareva che alla fine non la mettevo pure qua... Sempre sicuramente una parolaccia, ma una di quelle in qualche modo "buone". Non sono tra coloro che le "vetano", in qualche modo vietano o evitano. Ne tra coloro che le dicono come respirano... Ma in un contesto non aggressivo ci possono stare eccome. Del tipo se ti casca un martello su un piede. O se un libro con un solo capitolo o passaggio ti scava e lascia dentro certe immagini e dialoghi con certe perfette irripetibili combinazioni di parole. Insomma si, come il capitolo due. Da che... Un grosso camion rosso era fermo davanti alla piccola bettola sullo stradone, fino a... Colpì lo sportello con il palmo della mano e Grazie del passaggio, disse. E ovviamente le successive ultimissime righe e punto definitivo del capitolo. E' praticamente l'inizio e ormai lo avrete letto tutti. Io mi ci sono ammetto piacevolmente fissato. Dajeee...
Tra il camion in strada e come ci si muove intorno Tom, l'interno della bettola con il dialogo tra il camionista e la barista, ed infine il duetto tra il camionista ed il breve passaggio che questi da ad uno dei nostri protagonisti, io ci ho trovato un vero e proprio microcosmo. Un piccolo universo. Come un piccolo racconto quasi pubblicabile individualmente. In generale invece, tra le descrizioni più belle, più intime e finemente psicologiche.. ci metterei tutti quei piccolissimi dettagli umani, senza esclusione per gli ottimi dialoghi, che vivono però anche solo attraverso i "semplici" movimenti dei corpi. Il loro adattarsi in piccoli e piccolissimi spazi, il sedersi su di un predellino o magari nell'acqua di un ruscello, o seduti su di una semplice sedia. O su una poltrona dondolante di una veranda e seduti in terra, come nel caso della discussione che avviene tra un proprietario terriero e il Tom della famiglia migrante del libro. Un proprietario terriero appunto comodamente seduto su una poltrona in veranda che fa comunque pagare a una moltitudine di migranti anche il semplice sedersi in terra perfino ai suoi piedi e comunque fuori di casa. Piccoli dettagli ma tanta psicologia dicevo, come infatti in quest'ultimo esempio. Quando l'insicurezza nell'agire del proprietario sta tutta nei suoi movimenti dondolanti sulla sua sedia. Quando smette di dondolarsi temendo per cosa può succedere... O quando la quantità e il sentire delle persone migranti presenti sulla scena è resa dal loro semplice voltare la testa tra il proprietario di poco prima ed il nostro Tom durante il diverbio tra i due. Simbolicamente poi trovo bellissimi i passaggi in cui Morte e Vita letteralmente si sfiorano e coesistono. Quando il personaggio in cinta sussurra confortandolo il personaggio morente e anche da poco vedovo del suo più prossimo caro. O ancora, quando un atto sessuale tra la coppia partorente vive praticamente ad un passo dalla morte di un altro membro della famiglia. Tutto reso molto realistico e appunto.. molto simbolico.
E la madre poi... Questa bellissima presenza. Collante ed occhio universale.
Come sovrintende la salatura del maiale per capire se potersi fidare e lasciarla fare ad altri per spartirsi meglio i compiti tra tutti prima della partenza. O come ha deciso di reggere e tenere solo per se una morte nel gruppo nell'ultimo tratto prima dell'arrivo. Personalmente, se possibile, sono per la condivisione di certi "momenti".. ma questo è "solo" un momento di un libro, ed è scritto benissimo. Come anche il fatto che, sempre la madre.. sapeva che dopo quella notte di Morte avrebbe retto solo se non fosse stata toccata, consolata. Di nuovo.. non lo condivido, ma quante volte sarà comunque capitato, anche nella realtà, di aver dovuto reggere, più o meno da soli, a certi "momenti", eventi. E non a caso, per quanto mi manchi l'altra meta dell'oceano prima della prossima riva alla fine del libro, mi è tornata alla mente un immagine. Per chi volesse.. è su un edizione Mondadori di un quindici fa del libro Un amore di Dino Buzzati. Non centra niente il libro di Buzzati, ne tutt'ora l'ho letto. Ma l'immagine della copertina mi è comunque rimasta da allora. Si tratta di un profilo formosamente femminile raffigurato stilizzato in un campo. Ci sono poi due figure umane appena visibili in superficie, e nella versione completa del disegno anche un cielo in tempesta...
Chissà. Fino ad ora, in questi giorni cercavo o pensavo di vederci rappresentata la madre di cui sopra.
O più affettivamente, dai.. la nostra Ma'. Così onnipresente...
Ma più leggevo e già adesso, mi sa che cambio idea. E più che la figura, invece mobile e positiva, della madre vera, di Ma'.. questa figura umana disperata e drammatica, cosi terrigna e terrestre, con l'aggiunta di quelle due figure umane appena accennate e presto "fuori" dal quadro..
secondo me raffigura meglio una sorta di madre terra. E nello specifico, quella situazione di vita e rapporto costruttivo e vitale con il quotidiano con cui queste centinaia di migliaia di contadini o mezzadri sono nati e che hanno perso. E che a quanto leggo sul forum e fin dove ho letto nel libro, a quanto pare non tornerà più. Neanche dall'altra parte dell'America.