Benvenuti Riccardo e Luca e buona prima lettura del mese con noi del forum.

Emiliano puoi girare a loro, che sono veramente esperti, la domanda sulla notorietà.
Secondo il mio punto di vista la Eliot non ha quell'impeto, quella passionalità che caratterizza altre scrittrici come per esempio le sorelle Brontë e non gioca neppure sul patetico-sentimentale (in senso buono) stile dickensiano; è più mentale, è forse un po' prolissa, non è magari di immediato impatto ma si insinua sotto pelle piano piano.
Riporto qui un pezzo tratto da "L'età vittoriana nella letteratura" di G. K. Chesterton che a suo modo risponde al tuo quesito:
"Nei romanzi migliori di George Eliot c'è vero umorismo, di tipo fresco e spumeggiante; c'è la netta sensazione di una solida caratterizzazione che non è ancora degenerata in psicologia; c'è una buona dose di saggezza, soprattutto a proposito delle donne; c'è, a dire il vero, quasi ogni elemento della letteratura, eccezion fatta per quella certa, indescrivibile cosa chiamata incantesimo, che fu il vero e proprio ferro del mestiere delle Brontë, che avvertiamo in Dickens quando Quilp arranca sul legno marcio in riva al fiume desolato; e finanche in Thackeray, quando Esmond con lo sguardo malinconico vaga come una fosca cornacchia per i lugubri viali di Castlewood. Tale qualità (che alcuni hanno definito, seppure sbrigativamente, l'essenza stessa della letteratura) in George Eliot non era poco presente bensì del tutto assente. L'aria che si respira in lei è brillante e persino stimolante dal punto di vista intellettuale, ma è come l'aria di un giorno senza nubi sul lungomare di Brighton. Ella vede le cose con chiarezza, ma non attraverso un'atmosfera. E può evocare tempeste nella mente conscia, ma non in quella subconscio."
Se abbia ragione o no sta ad ognuno di noi deciderlo, portate avanti la lettura di questo libro fino in fondo e poi staremo a vedere.