Mattia P. ha scritto: Un professore di storia, Yuval Harari, in un libro che è diventato un best seller mondiale, fa notare come il genere Homo sia comparso circa 2,5 milioni di anni fa, mentre l'Homo Sapiens solo 70,000 anni fa con la rivoluzione cognitiva e la comparsa del linguaggio simbolico.
Egli dice "l'evoluzione ha modellato le nostre menti e i nostri corpi per la vita come cacciatori-raccoglitori. La transizione prima all'agricoltura e poi all'industria ci ha condannato a vivere delle vite innaturali che non possono dare piena espressione alle nostre più profonde inclinazioni e istinti, e perciò non possono soddisfare i nostri più profondi aneliti. Niente nelle nostre confortevoli vite di classe media cittadina può avvicinarsi al selvaggio eccitamento e alla immensa gioia sperimentata da una banda di raccoglitori che ha successo nella caccia di un mammut. Ogni nuova invenzione mette solo un altro miglio tra noi e il giardino dell'Eden."
Nonostante l'amore profondo che nutro per il pensiero umano, condivido però l'idea che una vita tutta condotta a pensare, come quella di un professore, porti (senza ovviamente generalizzare) ad una qualche bizzarria, e nel senso più ampio del termine.
Conosco questo libro illuminante. Ora ho capito cosa intendi, una vita votata al pensiero è molto lontana dai nostri istinti naturali, sono d'accordo. Ma quanto è più lontana di un lavoro in un ufficio o in fabbrica, ad esempio? E quale di questi lavori porta a maggiori bizzarrie?
Harari dice anche che le attività che ci danno soddisfazione sono quelle legate all'esplorazione e alla scoperta, da bravi cacciatori e raccoglitori, e alla varietà, perché gli uomini "primitivi" erano in realtà molto più intelligenti di noi, dovendo essere tutti a conoscenza di molte cose (es. erbe commestibili, pericoli, abilità di costruzione, ecc).
Quindi, dal momento che non è più possibile vivere una vita "naturale", a meno che non si faccia parte di una delle rare tribù ancora esistenti, forse la vita di un accademico sarà più soddisfacente di altre in quanto godrà del piacere della ricerca, della scoperta, della varietà e in alcuni casi anche della vita all'aria aperta.
Concordo sul fatto che ci sono professori bizzarri, ma personalmente ho conosciuto molti più casi umani tra impiegati e operai

(uso questi esempi perché riguardano le mie esperienze). Penso che ciò che ci uccide dentro più che il lavoro mentale siano la monotonia e il passare poco tempo all'aria aperta.
Comunque ritornando all'adattamento degli accademici al mondo esterno all'Università, ultimamente vedo grandi cambiamenti, l'insegnamento è sempre più attendo alle esigenze del mercato, e mirato a dare anche conoscenze pratiche, almeno per quanto riguarda gli studi scientifici.