Insomma secondo me il vero amore di Stoner sono i suoi studi, l‘università, e quelli mette davanti a tutto e sopra a tutto. Non potrebbe studiare ovunque? Sì, ma non vuole, il cambiamento porterebbe via tempo e serenità. Stoner non può accettare di promuovere uno studente davanti alle pressioni di un collega, ma può assistere alla distruzione di sua figlia da parte di sua moglie senza fare niente. Questo ci dice molto no?
Sia chiaro che non giudico male Stoner. Ci sono persone che non riescono ad avere vere passioni nè sul lavoro nè nella vita privata. È semplicemente un‘analisi.
Sono d'accordo con la tua analisi. In più occasioni nel libro si percepisce quanto Stoner sia morbosamente attaccato al suo lavoro, tanto da divenire sua croce e delizia.
Non riesce a distaccarsene quando dovrebbe ma è anche un'importante ancora di salvezza per i momenti più tristi e bui della sua vita.
Ho terminato ieri sera la lettura del libro, con la post fazione di Peter Cameron, che definisco "la ciliegina sulla torta".
Come ho anticipato qualche post fa, dall'arrivo della sign.na Katherine Driscoll, poi divenuta semplicemente Katherine, cambia tutto. O almeno è stato così per me.
Peter Cameron evidenzia bene questo concetto in poche righe della sua postfazione al romanzo, con le quali ovviamente mi ritrovo in pieno.
"C'è poi Katherine Driscoll che entra nel romanzo in punta di piedi, dalla porta di servizio e finisce per occupare splendidamente il centro della scena, trasformando la vita di Stoner e, di conseguenza, il libro".
Credo che Katherine Driscoll sia stata uno dei migliori personaggi secondari di un romanzo che io abbia mai letto (me ne ricorderò quando voteremo il Libro d'Oro del Club del Libro il prossimo anno).
Lo dico perché è incredibile come l'autore riesca, dosando la presenza di questo personaggio nella vita di Stoner, a cambiare letteralmente il libro. L'effetto che Katherine ha sul libro, di cui parlavo qualche post fa, secondo me è quello di agevolare la sempre maggior empatia del lettore con il protagonista del libro, Stoner, che inizialmente, per il suo comportamento, ci scorre addosso senza rendercene quasi conto. Come uno sconosciuto di cui incrociamo lo sguardo per caso mentre camminiamo in una folla di gente. E invece, grazie a Katherine, inizi a notare Stoner. Mi domando se la presenza di Katherine in questo romanzo fosse stata pianificata sin dall'inizio dall'autore o se egli stesso, scrivendo il romanzo, abbia percepito la necessità di introdurre qualcosa che ci facesse provare un senso di rivalsa, compassione, gioia, rabbia, semplicemente EMOZIONI pensando a Stoner.
In definitiva ammetto che è stato un bel libro e che probabilmente, come Cameron, lo rileggerei, magari tra qualche anno. Forse leggerei la prima parte del libro, quella che mi ha annoiato, con molta più attenzione, conscio di cosa accadrà dopo ma soprattutto interessato a carpire maggiormente l'essenza di cosa è accaduto prima. Senza far scorrere velocemente le pagine, annoiato ed indispettito, nell'attesa che succeda qualcosa