Ho concluso la lettura e sono soddisfatto di averla seguita nonostante il timore iniziale perché il fraseggio e il colore della scrittura hanno saputo dare sostegno a una voce capace di creare un immagine aperta di uomo, specchio di virtù eroiche, politiche, persino divine, a testimonianza di quanto quest’opera sia una fucina d'idee, spunti filosofici, poetici, storici, religiosi che ne arricchiscono la figura e che una sola lettura non è sufficiente a darne pienamente conto. Essa può forse offrire un’idea generale della grandezza e che il percorso narrativo moderno rischia però ingenuamente di magnificarla eccessivamente, se non ci si sofferma ad esempio a riflettere su diversi aspetti trattati come la campagna giudaica.
Mi ha incuriosito questo rapporto con la divinità, diverso rispetto a quello greco, più incentrato al fare: fornire provvidenze a tutto l’impero simili a quelle concesse dal divino ideatore del mondo, una estensione concreta di quest'ultime. E mi piace pensare che ciò unito a una serie di circostanze positive abbia favorito lo sviluppo di un impero che ha conosciuto uno dei periodi più fiorenti della storia romana.
È un’opera per certi versi audace che adotta una tecnica narrativa per creare movimento e rendere vive le qualità di un uomo che storicamente si riconoscono e le critiche degli storici le sono state, e tuttora, ostili per questa contaminazione romanzesca che distoglierebbe lo sguardo e la concentrazione sui fatti. Quella di Canfora di cui si è già detto ne è un esempio, ma a mio modo di vedere anche la narrazione dell’amore per Antinoo che il vezzo sentimentale di un imperatore ha reso agli occhi altrui l’amato immortale e l’imperatore un uomo comune, e grazie alla copiosa replicazione in statue e immagini iconografiche dell’amato si offre ai posteri materiale per una storia sentimentale che appassiona alla quale inconsapevolmente ci si immedesima e la statura d'imperatore ci appare ora più vicina, più umana, amplificandone senza volere le qualità e attenuandone i difetti e credo che l’immagine di copertina di Antinoo, e non di Adriano, di questa edizione, in qualche modo lo attesti.
In sostanza il rischio è di tesserne eccessivamente le lodi. Con questo non intendo affermare che non abbia avuto un ruolo centrale nello sviluppo per il bene dell’impero, i cui echi si distendono persino oltre confine e che oggi diremmo con un termine moderno, uomo di grande statura con una visione progressista, ma lo sforzo è stato corale ed egli continua l’opera di suoi predecessori, ampliandola, s’intende, e che seguirà dopo di lui con Marco Aurelio, pur se con un atteggiamento e intuizioni che riconosciamo nuove, con elevate doti culturali, gusto estetico e virtù politiche di spessore e che lasciano un’impronta indelebile in quel periodo storico.
A ogni modo questa lettura, concludo, mi ha appassionato e dato molto da riflettere e ha saputo soprattutto suscitare un rinnovato interesse per la storia di quel periodo e il gusto di ricercarne i segni nei resti architettonici e nei frammenti iconografici che spesso ne dimentichiamo l’esistenza e che abbiamo ancora la possibilità di ammirare.
Ho apprezzato molto i vostri commenti che ho letto davvero con piacere e mi aggiungo anch’io su questo finale nel ringraziare Sara per questa bella lettura che ha proposto al club.