In generale, il libro mi piace molto per la capacità di combinare una storia individuale al racconto storico-sociale.
Sicuramente questo è uno dei lati più apprezzabili! Non si capisce se Limonov è un pretesto per parlare dell'URSS o il contrario. Ho imparato molto, l'ho già detto ma lo confermo. Anche nell'ultima parte:
una cosa che non sapevo e ho scoperto in questo libro non èPutin a creare gli oligarchi (cosa che oggi crediamo un pò tutti ) ma proprio il contrario 
Da brividi! Poi sapendo cosa succede oggi quel pezzo te lo leggi con un po' d'apprensione.
Sul versante psicologico, condivido i vari commenti che mettono in collegamento la figura della madre, la prima a disprezzare la "mediocrità", con la personalità che mano a mano si definisce in Limonov. Io ci metto anche tutto il contesto, come carico da novanta. Penso abbiamo tutte/i presente ormai la scena dello stupro di gruppo della ragazza nei capitoli iniziali, dove Eduard era un ragazzino e praticamente partecipa senza capire neanche cosa succede. E poi, il suo primo rapporto sessuale, parecchio disturbante anche questo, già inserito in un quadro di degrado e di competizione per la sopravvivenza: la madre che fa quasi da ruffiana alla figlia, Eduard ossessionato dal fatto che la ragazza andava anche con un altro (mi pare che proprio durante il rapporto la prenda a male parole per questo). Insomma, il sesso è come la guerra: un territorio da conquistare e brutalizzare, dove domina la logica del più forte e della competizione.
Insomma, un rapporto quasi sempre malato, che solo attenuato da rari momenti di "affetto", come quelli con Tania (ma è da vedere quanto siano veri questi momenti).
Per me neanche il rapporto con Tania si salva granché: i momenti "molto romantici", se ci fate caso, sono di esaltazione (e quindi di adrenalina) più che di serenità. È partito con un tentativo di suicidio (non incoraggiante come inizio, diciamo), e aveva come perno il fatto che Tania fosse praticamente, per come la descrive, il "prodotto top di gamma", e siccome era "sua", elevava il suo status. In generale concordo con la valutazione di Davide, non mi sembra che Limonov abbia mai considerato le sue donne fuori da due categorie: 1) belle o comunque di status sociale elevato, 2) brutte ma comunque utili per altri motivi. Solo verso la fine sembra cominciare a provare qualche sentimento di tenerezza per la giovane che lo aspetta fuori dalla prigione. E comunque, in quel caso, stiamo parlando di un uomo che più invecchia più se le sceglie giovani, quando non minorenni, quindi... insomma, ci siamo capiti.
Anche io sono stato colpito dal linguaggio crudo, ma a mio parere tutto ciò non è superfluo. Per descrivere il degrado bisogna usare un linguaggio degradante. 
Sono d'accordo e non questiono la scelta in sé. Però dopo un po' ha cominciato a farsi pesante per me, perché si percepisce (almeno, io l'ho percepito) un certo indugiare da parte dell'autore, che combinato a certe osservazioni mi hanno fatto un po' istintivamente prendere le distanze. Parlo di quegli inserti del tipo: "Eduard mi ha detto, e non ho motivo per non credergli...", "Sono sicuro che Limonov, se avesse potuto...". Delle due l'una: o Carrère si è troppo immedesimato, e giustifica il nostro (anti)eroe, o sta peccando un po' di partenalismo. Che ne dite?
P.S. Da come ne parlo sembra che ormai lo odi, poveretto! Invece mi ha fatto un'ottima impressione come scrittore.