Maria Chiara, mi ha interessato la tua relazione su ciò che stiamo leggendo, ma non sono molto d'accordo nel lasciare fra la nebbia e nella "confusione" le responsabilità di violenze ed aggressioni. A me invece, chi sono i colpevoli è chiaro, così mi è chiaro, nella mia testa, dov'è la verità e dove è la menzogna.
Grazie per l'interesse, mi fa piacere. Posso sapere a che cosa ti riferisci quando parli di colpevoli, verità e menzogna? Alle varie situazioni messe in scena, o a una in particolare? Non sei d'accordo con me o con l'approccio dell'autore? Se ho capito bene ed è quest'ultimo, devo dire che certo, è uno stile che interroga molto, mira a mostrare molte "doppie facce". Penso che sia sfidante. In alcuni momenti mi ha provocato, e ho riflettuto. In altri, invece, mi è sembrato che volesse fornire delle attenuanti e mi ha dato fastidio (per intenderci, penso che Limonov sia tutt'altro che eroico, e che non abbia lati particolarmente apprezzabili). Però anche lì: Carrère sta davvero cercando di mostrarlo sotto una buona luce, o mi sta provocando deliberatamente questa reazione? Non ne sono sicura.
Quando ho introdotto questo tema dell'ambivalenza vittima-carnefice, comunque, facevo riferimento alla situazione iugoslava che Carrère descrive nella parte VI, specialmente nei capitoli introduttivi. Anche nel grande troviamo quell'ambivalenza che "in piccolo" è sul solo Limonov. Qui vengono presentate, tra le altre cose, le varie oscillazioni dell'opinione pubblica e degli stessi amici dell'autore, chi a favore dell'indipendenza della Croazia, chi contro. Croati e serbi si scontreranno, e saranno questi ultimi ad essere ricordati come criminali di guerra per le atrocità commesse. Strano ma vero, è proprio tra loro che troviamo Limonov, che sta inseguendo un nuovo sogno di gloria: l'ideale bellico, della guerra che il padre non ha mai combattuto ed è per questo da lui giudicato un codardo. Ma Carrère ci ricorda che, all'inizio della guerra, l'esito non era del tutto scontato: i partigiani serbi, per esempio, erano noti per il loro ruolo chiave nella resistenza contro la Germania nazista, mentre i croati, cito, "non soltanto erano stati filonazisti ma filonazisti particolarmente zelanti e sanguinari".
Questi fatti io li seguo con interesse, anche se faccio fatica, perché all'epoca ero bambina e quindi non ho presente il clima che si respirava. Poi, francamente, dove stia la verità, il giusto e via dicendo non lo posso sapere, specialmente in contesti dove la violenza la fa da padrone in tutti gli schieramenti (in questa parte ne vengono descritti davvero di atroci, da tutte le parti e per tutti i gusti). Ideali a parte, esiste anche il fare la guerra per il gusto di fare la guerra, ed è lì che si rivela la brutalità, da qualunque parte stai e qualunque cosa tu ti racconti.
Non a caso qua il libro prende un taglio più cupo e dimesso, e Limonov stesso "rimpicciolisce" agli occhi dello scrittore, che sinora aveva spinto un po' più sull'
eccezionalità di Limonov, sia le altezze (il talento poetico) che le bassezze (le miserie inflitte e autoinflitte). Come dicevo, lo trovo molto interessante dal punto di vista psicologico. Dal punto di vista letterario, devo capire: a volte Carrère mi sembra che stia facendo un gioco di prospettiva deliberato, a volte che si invischi troppo. Apprezzo abbastanza il solo fatto che scelga di mostrarcelo, ed è il motivo per cui volevo leggere questo libro dopo "Yoga". Lo stesso "Yoga" comunque mi ha lasciato una sensazione strana alla fine, devo elaborare. Sono curiosa anche di sapere le sensazioni degli altri lettori, alla fine vi farò delle domande.