pierbusa ha scritto: 
Graziella ha scritto: 
Novel67 ha scritto: 
VFolgore72 ha scritto: Quasi quasi il libro lo leggo qua, grazie Pierbusa!!! 
Complimenti a tutti per l'impegno che state dimostrando e un grazie particolare a Pierbusa per come ha impostato e cura la discussione: tien desto l'interesse anche in chi non sta (attualmente) leggendo …  
Aspettavo un tuo intervento, e mi dicevo che per forza sarebbe arrivato. Ti ringrazio, perché lo sai che tengo molto conto delle tue parole. Anch'io sono grata a Pier per come ha impostato la discussione e sopratutto per come spesso ci supporta.  Come avrai letto dai post, Proust mi ha veramente sorpresa, credevo fosse altra cosa e invece questo primo romanzo e penso i successivi altro non sono che romanzi che appartengono alla buona letteratura. quindi da leggere sicuramente.
Un saluto e ancora un grazie.
 
 
Attenzione, e lo ricordo prima di tutto a me stesso. "Alla ricerca del tempo perduto" non sono sette romanzi "in cofanetto", sono un unico poderoso, immenso romanzo suddiviso in più volumi solo per comodità di stampa. Quindi si tratta di un'opera unitaria negli intenti e nella realizzazione, dove a detta di chi ha avuto l'ardire di leggerselo tutto solo alla fine i tanti fili che risultano sospesi nella trama dei setti volumi troveranno la loro spiegazione.
Certo l'introduttore, Luciano De Maria, lo spiega bene e consiglia appunto di leggere i libri uno dietro l'altro proprio perché è un'opera unica. Infatti alla fine, cioè nel 7° volume. "Il tempo ritrovato" tutti i fili si ricongiungeranno.
Ma io non starei a chiedermi cosa Proust ha voluto veramente dire scrivendo, non essendo lui un simbolista credi proprio, nella mia ignoranza e indole, che nella sua scrittura dice proprio ciò che vuole dire, lo dice bene, lo comunica bene, più che bene. Che altro devo volere. Devo solo leggere. D'altra parte i Fratelli Karamazoff non era verto più semplice. In fondo in fondo, anche se in modo superiore Proust racconta e descrive una certa società un po' alla Cecov, non vorrei sbagliare troppo ma forse il periodo è lo stesso.
Il tempo perduto, delle cose, della vita che hai vissuto e che col tempo dimentichi e che non si sa perché ti ritornano alla memoria, in modo strano, bevendo una tazza di thè e mangiando un pezzetto di madeleine imbevuto nel cucchiaino della zia, come dice l'autore:
Così per il nostro passato. E' uno sforzo vano cercare di evocarlo, inutile tutti i tentativi della nostra intelligenza. Se ne sta nascosto al di là del suo dominio e della sua portata, in qualche insospettato oggetto materiale (nella sensazione che ci darebbe) Questo oggetto, dipende dal caso che noi lo incontriamo prima di morire, oppure non lo incontriamo mai."
Nel capitolo II la descrizione di Cambray è commovente:
"Vista da lontano, dal treno, quando ci arriviamo la settimana prima di Pasqua, Cambray, in un cerchio di dieci leghe, soltanto la chiesa che riassumeva la città, la rappresentava, parlava di lei e per leiai lontani orizzonti e poi, quando ci si si arrivava, teneva stretti interno al suo alto manto scuro, in aperta campagna, contro vento, come una pastora le sue pecore,i dorsi grigi e lanosi delle case raccolte, contornate a tratti da un resto di bastioni medievali con un disegno così perfettamente circolare da far venire in mente certe piccole città nei quadri dei primitivi."  ( Penso intenda i naif).
Poi sono andata avanti fino a pag. 109. Ho letto le pagine direi molto divertenti sullo zio Adolphe, considerato un libertino per via della sua frequenza con  le cocotte;  sull'allontanamento di questo dalla famiglia e sull'amore per il teatro che in età liceale aveva preso il nostro Narratore.  Tutti ricordi giovanili quasi infantili. Vado avanti.