Ciao. Rieccomi... E purtroppo Guido, a rischio di reprimenda, devo ancora terminare il pur breve libro. Ma mi manca poco.  
  
Ho preso forse troppo alla lettera il consiglio sulla gradualità della lettura.  

Spero di non disturbare, almeno troppo, SCUSATE, la direzione conclusiva dei vostri post..
Concordo, almeno leggendo alcuni di voi, nel sostenere che questo saggio abbia una visuale un po' facile a discorsi di massima.
Ed in particolare socialmente negativi. Del resto, soprattutto per determinate tematiche...
Anche se gli spunti di riflessione, anche secondo me, comunque non mancano.
In generale questa tendenza, sarà una deriva o realtà degli studi sociologici in generale?
Alla fine, in questo campo, si trovano a dover tracciare delle somme, dei discorsi conclusivi. Forse però a spese di tanti altri individui e realtà.. E con i temi qui trattati rimane poi un aria, un clima, di silenziosa guerra più o meno contemporanea. Un rumore bianco di generica anaffettivita' e isolamento.
Parlo di guerra, forse, perché in una recente lettura de Il mattatoio n.5 (o la crociata dei bambini) il termine liquido è stato associato ad un 'carico' disumanizzato di persone deportate. Nello specifico. Fermi in un vagone ad una stazione e prossimi ad uscirne, cito..: "E il liquido (le persone..) cominciò a scorrere. Sulla porta si formò qualche bolla che colò a terra con un plop".
Insomma un esempio di accezione totalmente negativa che però mi sembra tornare, ma stavolta in questo libro (pag. 53, riga 10), anche nell'uso della parola START. Nel merito di Kitty Genovese e del momento in cui, più sanamente, dovremmo intervenire in aiuto del prossimo. Parola che poi magari chissà, forse ha contribuito in parte a portarci a parlare dei famosi videogiochi. Personalmente ho in generale perso l'interesse per questi ultimi quando, nei giochi di calcio, il campo si visualizzava lateralmente sui 45 gradi e i giocatori potevano andare solo a destra o sinistra. Insomma forse nel Giurassico.., o comunque veramente molto tempo fa.  

Ma senza pensieri particolari o critiche.  E per carità non lo dico in senso negativo, se oggi, anche tra i più grandi, ci si vuole intrattenere.
Ma per i giochi violenti si. Parere negativo anche del sottoscritto. Soprattutto per i più piccoli.., non andrebbero proprio comprati. O perlomeno, poiché non si possono escludere case di amici.., almeno non a casa nostra. Il mercato.. con questi giochi, più che da chi li fa, secondo me è determinato da noi o da chi li compra.
Lasciando i videogiochi e tornando alla parola START. Confesso di essermici perlomeno un po' fissato. Evidentemente e forse inconsciamente soprattutto Leoncini, più che il fu'.. Bauman, fanno probabilmente dell'umanità di cui ci parlano un insieme ben scarsamente sensiente. Ridotto, nelle sue eventuali reazioni, a poco più che un meccanico ed impersonale START. E' vero che nella sua semplice, immediata traduzione start significa 'inizio'.., ma subito dopo 'partenza'. E mi viene da pensare a percorsi, moto, motori e gare... O, più semplicemente, a piedi, mani, corpi e corridori. Nel primo caso, come nel secondo.. tutti comunque in attesa di qualcuno o qualcosa che faccia 'partire'. Non so. Non fa che tornarmi in mente quel termine nel cuore di quel ragionamento. E magari mi sbaglio pure. Alla fine è solo una parola. E chissà poi nel testo originale.