Ciao a tutti!
Scusatemi, ma devo ancora abituarmi ai vostri ritmi.... Se non loggo per più di una settimana poi devo recuperare tutte le discussioni :'(
Sono riuscita finalmente a terminare il libro.
Ammetto che nella vita mi occupo di medicina, quindi la sociologia non è proprio il mio campo, ma ho trovato questo libro un po incompleto.
La sensazione che mi ha lasciato addosso è quelle di finire con più domande che risposte.
Inizialmente ho attribuito questa percezione alla mia "non dimistichezza" con l'argomento, ma leggendo anche i vostri commenti ho capito di non essere l'unica.
Gli argomenti trattati sono sicuramente attualissimi, ma le argomentazioni le ho trovate un pò viziate, come se le tematiche venissero affrontate a senso unico, solo dal punto di vista soggettivo dell'autore, e non realmente oggettivabile.
1)Cosa penso dei tatuaggi:
Io non ho tatuaggi, per ora. Mi piacciono molto e ho in programma di farmene uno al raggiungimento di un importante traguardo personale. Trovo i tatuaggi delle forme d'arte, una diversa forma d'espressione e, per alcuni versi, attribuisco loro il ruolo sociale di "appartenenza al gruppo". Anche Bauman cita le antiche tradizioni africane della "scarificazione" come rito di elevazione sociale e maturità.
E' probabile che in questo preciso periodo storico si ricerchi entrambe le cose: la necessità di sentirsi parte di qualcosa di più ampio, ma anche l'espressione individuale, la "memoria sulla pelle".
L'accomunarsi senza l'uniformarsi, in sostanza.
Non la vedo, quindi, come una moda, bensì come un movimento il cui comune denominatore è la completa presa di coscienza del proprio corpo, il quale diventa esso stesso un mezzo di espressione individuale, una tela su cui scrivere e disegnare ciò che si desidera.
Si sdogana la sacralità a favore della libertà di espressione.
Nel libro si parla anche di chirurgia estetica. Anche a questo proposito non mi trovo completamente d'accordo.
Gli autori ritengono l'uso della chirurgia estetica e plastica come una moda o una mezzo di identificazione di classe abbiente.
Ma perché non vederla, anche in questo caso, come la possibilità di utilizzare la medicina e la chirurgia come un mezzo per raggiungere il benessere psico-fisico?
Pensiamo ai malati oncologici, ai grandi ustionati, ma anche ai transgender. Sono solo degli esempi limite, me ne rendo conto, ma il concetto è che se io non mi sento a mio agio nel mio corpo e la chirurgia mi permette di stare meglio, perché non dovrei sfruttarla?
Perché si deve sempre porre il problema sul dualismo: lo sto facendo per me stesso o lo sto facendo per la società?
2)Argomento bullismo. Probabilmente è l'unico capitolo sul quale sono d'accordo, anche se l'ho trovato troppo riduttivo. Un argomento cosi delicato meritava una trattazione a parte, anche se conforme al filo conduttore di sottofondo di tutto il libro: l'omologazione e l'emulazione.
Per il resto mi trovo completamente d'accordo con l'analisi di Graziella sulla questione.
3)Ultimo capitolo: Decadenza dei tabù.
Non sono riuscita completamente a capire se il concetto di "femminismo" venisse trattato come una forma di decadenza o come una reale rivoluzione positiva nella società.
Si parla di "valori" e "condizioni" che si auspica/ci si attende, al conseguimento della parità per le donne.
Tratta il femminismo come una forma di rivalsa (parla infatti di "Chance di prevalere"), che dovrà venir misurata ("quello in cui alle donne VADA CONSENTITO svolgere funzioni che finora sono state riservate agli uomini").
Mi trovo invece d'accordo sul concetto si e-commerce sentimentale: si stanno gradualmente perdendo le piccolezze che rendono i rapporti interpersonali, di qualsiasi natura essi siano!, unici e arricchenti.
Si da per scontata la presenza social con la presenza fisica.