L'idea del narratore-bambina è forse il punto forte dell'opera. Offre una visuale obiettiva seppure parziale dei fatti e lascia molto all'immaginazione del lettore. In fondo a pensarci bene la storia non è ne troppo originale ne particolarmente avvincente ma vista dagli occhi innocenti di una bambina fantasiosa e intraprendente di 6-8 anni, e di suo fratello maggiore, sembra un'epopea. La domanda che mi pongo è se possa esistere una coppia di fratellini così attenta alle vicende dei grandi, io alla loro età non meditavo affatto sul comportamento degli adulti, almeno così mi sembra di ricordare. La prima parte del libro è un po' troppo lenta per i miei gusti ma dal processo in poi il ritmo migliora decisamente. Questo è chiaramente un libro sul razzismo, sull'ignoranza, sulla violenza, sulla difficoltà di vivere sereni ma anche sui buoni sentimenti della brava gente. Fa riflettere su fenomeni che sono palesemente ingiusti agli occhi di chi vi è distante ma che possono sembrare del tutto normali se ci si vive dentro; un paradosso molto pericoloso che fa capire come i campi di concentramento, le guerre di pulizia etnica, le leggi razziali, l'apartheid ecc. siano fenomeni più facilmente ripetibili di quanto si voglia credere. Se questo libro aiuta a comprenderlo è inestimabile perchè solo se si capisce che un pericolo è reale si può essere pronti ad affrontarlo. Chiudo con la frase che mi è piaciuta di più, alla fine del romanzo Atticus che dice: "Quasi tutti sono simpatici, Scout, quando finalmente si riesce a capirli"; vero ma difficile.