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Jean-Paul Sartre, filosofo e scrittore esponente dell'esistenzialismo, scrisse nel 1932 La nausea, pubblicato nel 1938 in seguito a diverse modifiche e arrivato in Italia solo 10 anni dopo, nel 1948. Questo libro è considerato la sua opera più famosa in quanto romanzo, non tenendo conto dei saggi come L'essere e il nulla o L'esistenzialismo è un umanesimo.

Il protagonista è Antoine Roquentin, storico che si trasferisce a Bouville per esigenze lavorative e inizia a scrivere un diario personale attraverso il quale il lettore conosce tutte le vicende della sua vita. Che cos'è la nausea che ad un certo punto inizia ad affliggere Antoine? È l'incapacità di dare un ordine alle cose; la solitudine gli fa comprendere che è l'uomo a dare un senso alla propria esistenza e questa consapevolezza lo porta ad essere nauseato da sé stesso e dal mondo che lo circonda.

Contrariamente all'errata concezione dell'esistenzialismo come una corrente "individualista" basata solo sulla propria percezione della vita, un aspetto su cui possiamo concentrarci è proprio il rapporto con gli altri. Infatti, sin da Heidegger, venne indagato l'apporto degli altri al nostro modo di vivere. Una delle frasi più famose di Sartre, proveniente dall'opera teatrale A porte chiuse, è: "L'inferno sono gli altri." Secondo il suo pensiero, il rapporto con gli altri conduce al conflitto perché come l'uomo guarda e dà significato alle cose, così fanno tutti gli uomini e ai loro occhi ci si sente oggetto dei loro progetti. Gli uomini sono diavoli e il loro forcone è lo sguardo con cui ci giudicano e ci spogliano delle nostre certezze.

Questo pensiero è presente anche ne La nausea, in cui Sartre critica soprattutto coloro che non si rendono conto della propria condizione e continuano a vivere come nulla fosse. Ad esempio, descrive ferocemente la vita regolare e "rassicurante" degli abitanti di Bouville; per Sartre uno sciocco tentativo di nascondere l'insensatezza dell'esistenza.

«Che imbecilli. Mi ripugna il pensare che sto per rivedere le loro facce ottuse e piene di sicurezza. Legiferano, scrivono romanzi populisti, si sposano, hanno l'estrema stupidità di fare figli.»

Anche nei confronti di coloro che invece sono consci della propria situazione Sartre ha un atteggiamento severo, perché la nausea da cui sono rapiti rende spiacevoli e indesiderate le loro interazioni.

«Eravamo un mucchio di esistenti impacciati, imbarazzati da noi stessi, non avevamo la minima ragione di esser lì, né gli uni né gli altri, ciascun esistente, confuso, vagamente inquieto, si sentiva di troppo in rapporto agli altri. Di troppo: era l'unico rapporto ch'io potessi stabilire […].»

Nonostante la dura opinione espressa dal filosofo francese, anch'egli finisce comunque per considerare gli altri fondamentali, seppur in senso negativo, seppur come nostro inferno.

«Tu mi sei indispensabile: io cambio; tu, è inteso che resti immutabile ed io misuro i miei cambiamenti in rapporto a te.»

(articolo a cura di Sveva Serra)

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