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Elena Premoli è l'autrice di Per tutti i giorni della tua vita il suo romanzo d'esordio edito Piemme. Vive in Italia sul lago di Como e dopo aver lavorato per anni in azienda ha deciso di dedicarsi alla scrittura. Quando l'abbiamo incontrata al nostro ultimo Raduno Nazionale, molti di noi sono rimasti stupiti. Ci aspettavamo un incontro classico, un'autrice che ci descrive il suo libro, raccomandandoci di comprarlo. Ci siamo invece imbattuti nella sua grande spontaneità e soprattutto nella tangibile trasparenza delle sue parole. Non ha voluto farci credere nulla, nessuna finzione, ci ha raccontato la sua storia con una grande onestà. Abbiamo parlato con una persona che crede nei sogni, e che lo dice ad alta voce, senza nessuna paura. "Era il mio sogno e ci ho creduto fino in fondo" dice con il libro tra le mani e un sorriso felice. Non ci siamo più abituati ormai, a persone che credono e hanno il coraggio di dirlo ad alta voce. Così l'abbiamo voluta intervistare per tutti i lettori della nostra rubrica letteraria.

Ciao Elena, ci racconti di come è nata l'ispirazione per scrivere questo libro?

Ho scritto questo romanzo tra settembre e dicembre 2018. Erano diversi anni che cercavo una trama che mi convincesse, senza successo.
Quando il caso di Alfie Evans è passato alle cronache internazionali ero mamma da pochi mesi: questa storia mi ha colpita, indignata, scossa. Mi è rimasta dentro, finché la mia bambina ha iniziato a frequentare l'asilo nido. Allora ho avuto tempo di affrontarla, ho scaricato la sentenza del tribunale, numerosi articoli, mi sono addentrata nel mondo dei social network… e dentro di me si stava scrivendo una storia.

I personaggi principali del tuo libro sono due donne, una madre e una dottoressa, puoi raccontarci qualcosa di loro? Sono due personaggi contrapposti?

L'idea di far narrare la vicenda a due voci – in particolare a due voci femminili – mi è venuta subito e l'ho trovata vincente fin dai primi capitoli. Emily è la mamma di Matt (Alfie Evans, nella cronaca) e rappresenta "la voce dei sentimenti". È una donna mite, silenziosa, all'apparenza inetta, ma invece capace di un amore potente, che sa stare di fianco alla sofferenza assorbendone le scorie. Nadia, la seconda voce narrante, rappresenta la scienza. Ho immaginato che ci fosse una donna a capo dell'équipe medica che ha in carico Matt. Volevo una protagonista che incarnasse altre sfumature dell'universo femminile. L'ho descritta bella, carismatica, single. La contrapposizione tra le due è decisa, ma in fondo le debolezze e le paure sono le medesime.

Abbiamo parlato di due donne, ma ho una grande curiosità. Will, un padre, che affronta una situazione difficile. Che spessore ha questo personaggio nel tuo libro?

È stato complesso descrivere il protagonista maschile attraverso quattro occhi narranti che sono femminili, ma volevo che anche il padre di Matt avesse un ruolo di primo piano nella vicenda, così come il padre di Alfie Evans nella cronaca. Will incarna un tipo d'amore genitoriale diverso da quello di Emily. Il suo non è un amore silenzioso, che assorbe, ma un amore improntato all'azione, acceso dalla miccia della fede cattolica, che lo porta a superarsi in ogni situazione e a vincere sfide impensabili per un giovane ragazzo dalle scarse risorse culturali. Sono stata molto contenta di confrontarmi con alcuni lettori uomini che hanno scelto di leggere questo romanzo, nonostante sia, all'apparenza, un romanzo femminile, perché non lo è. Si sono ritrovati molto in Will, anche chi non è padre: hai di fronte un ventenne che diventa uomo pagina dopo pagina, che da una parte si nutre della fede calcistica, dall'altra di quella religiosa, che non sa farsi il nodo alla cravatta, ma non teme un colloquio con il Papa a Roma.

Quando ci siamo incontrate, tu hai detto subito "questa non è la storia di un bambino che muore". Sappiamo che il libro è liberamente ispirato alla vita di Alfie, ma ogni storia viene anche semplicemente dall'anima e dall'esperienza dell'autore. E se dovessi dirci allora non che storia non è, ma che storia è?

È una grande lezione di vita: questo fatto di cronaca mi ha colpita, inizialmente, per la brutalità dei gesti nei confronti di un bambino innocente, è vero, è stato così per molti di noi. Ma più lo studiavo, più mi rendevo conto che la vicenda, se narrata con cura, a tutto tondo, mi dava la possibilità di affrontare tantissime tematiche. In primis la lotta per qualcosa in cui si crede, a dispetto delle proprie presunte capacità. E poi le sfumature dell'universo femminile, la difficoltà di essere genitori, la scelta o il rifiuto di essere madre, i modi diversi di essere amici, la ricerca della fede…

Quando scrivevi il libro eri da poco diventata mamma. Come ha influenzato questo fatto la scrittura?

L'ispirazione è nata proprio grazie alla maternità e, l'essere mamma da poco, mi ha molto aiutata nell'immedesimarmi in Emily, pur con il dolore di cercare di comprendere cosa potesse provare una mamma in quella situazione.

Il tuo libro può essere considerato un inno alla vita, eppure parlare di alcuni temi, la malattia, il dolore di un genitore e allo stesso tempo la sua forza, non è semplice. Come descriveresti la tua scrittura, e il tuo romanzo sulle tematiche molto delicate che affronti?

La tecnica delle due voci narranti mi ha permesso sia di presentare al lettore le due versioni della storia (scienza vs sentimenti), sia di spezzare il ritmo narrativo, coinvolgendo chi legge in un incalzare quasi da thriller. I capitoli sono brevi, con un titolo che li rappresenta, come in una serie TV: terminano con un sospeso, che spinge il lettore a voler voltare pagina, per poi trovarsi dentro la visione del secondo io narrante e rotolare quindi pagina dopo pagina come in una valanga letteraria. Sono stata delicata in certi passaggi, entrando in punta di piedi nella stanza d'ospedale di Matt, e cruda in altri momenti, nelle descrizioni di degrado e sconforto che rappresentano, a volte, il personaggio di Nadia. Amo i dettagli, li studio e li rivelo come pizzichi di un pennello su tela: mi piace quando capisco che, per esempio, a volte basta descrivere le borse sotto gli occhi per ridare l'immagine completa di un personaggio

Qual è il personaggio a cui scrivendo ti sei affezionata di più?

Nonna Eva, l'anziana nonna di Nadia.

È stato difficile arrivare alla pubblicazione con Piemme?

Se dieci anni fa mi aveste detto: "Pubblicherai con Piemme" avrei di sicuro pensato a una presa in giro! Nonostante pubblicare con un grande editore sia il mio sogno da sempre. Nel concreto ci sono voluti almeno sei anni da quando ho deciso di dedicarmi con regolarità alla scrittura. Quindi la costanza e la tenacia di andare avanti nonostante decine di no! Di quei no ho cercato di comprendere le ragioni, ho scartato due romanzi già completati, e ho cercato a testa bassa la giusta trama. Poi ci sono stati lo studio, la stesura, le correzioni, i dubbi su come presentare questa storia… Quindi la scelta di cercare, per prima cosa, un agente letterario. Sorrido perché per anni ho "stalkerato" conoscenti, amici di conoscenti, persone conosciute via social che, in qualche modo, avrebbero potuto aprirmi le porte dei grandi editori. E poi ho scritto a info@... E la mia agente ha risposto! L'editore, infine, lo ha trovato lei dopo circa un anno di proposte.

Hai progetti per il futuro? Un altro libro magari?

Certo! Sto già scrivendo un nuovo romanzo che ha come protagonista una donna molto speciale… Vorrei poi continuare con più regolarità la mia collaborazione con la rivista "Confidenze" con cui mi sto trovando molto bene.
Ultimo, ma non ultimo, spero con tutto il cuore che questa storia arrivi a molti lettori e li coinvolga in emozioni e riflessioni come ha fatto con me. È un pugno allo stomaco, ma credo che la letteratura (l'arte) debba saper colpire, e che quel colpo ce lo debba lasciare dentro per giorni, altrimenti non stiamo davvero cambiando le persone e, di conseguenza, il mondo.

(articolo a cura di Vaness Del Chiaro Tascon)

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