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Come sarebbe la vita senza la musica? È probabile che ve lo siate chiesti almeno una volta ed è ancora più probabile che l'immagine che vi è comparsa davanti agli occhi non fosse delle più desiderabili. La musica è, infatti, una parte fondamentale della quotidianità di ognuno di noi. Francesco Motta, cantautore, musicista e scrittore, ha provato nel suo libro Vivere la musica (pubblicato nel 2020) a spiegarci il potere di questa forma d'arte.

Motta racconta non solo l'amore per la musica ma soprattutto il significato di quest'ultima, l'importanza che ha avuto nella sua vita, gli ostacoli che ha dovuto affrontare per renderla il suo lavoro, descrive la sua passione, la sua caparbietà e la salvezza che vi ha trovato. Tutti abbiamo avuto qualcosa, che fosse un interesse o una persona, che in un particolare periodo ci ha aiutato a (ri)trovare noi stessi e a non disunirci; per l'autore è sempre stata la musica.

«Ecco, se qualcuno mi chiedesse cos'è per me la musica, risponderei senza pensarci troppo: è la nostra solitudine nel mondo, la nostra possibilità di stare soli con noi stessi. Un abbandono che non ha nulla a vedere con l'emarginazione, ma che anzi ci spinge a cercare nella profondità della nostra anima il vero benessere, per condividerlo poi con le solitudini di tutti gli altri.»

La poeticità di Francesco Motta, nota e apprezzata nelle sue canzoni, riesce a penetrare l'anima dei lettori anche in prosa. La sua identità in quanto narratore si modifica ad ogni pagina; cambia il tono con cui si rivolge al pubblico e il ruolo che assume per guidarlo (prima come amico, poi come maestro, padre, fratello maggiore …) ma non il vigore con cui afferma ciò che pensa. Egli assegna alla musica una qualità che, forse a sua insaputa, riguarda anche il suo modo di esprimersi: «Sa dirti qualcosa ancora prima che te la dica.»

Nel film Ma Rainey’s Black Bottom (uscito nel 2020 su Netflix) la protagonista dice: «Ho sempre odiato il silenzio. Io devo sempre avere della musica che mi risuona in testa. Ti evita d'impazzire. La musica fa questo: riempie i vuoti. Quanta più musica c'è nel mondo, tanto meglio.»
Il film citato e il libro di Francesco Motta sono involontariamente legati dallo stesso principio: la musica rende sopportabile, se non meraviglioso, tutto ciò che questa pazza vita propone. Ella modella ogni evento, affronta ogni emozione prima di chiunque per poi avvicinarle a chi ha aperti orecchie e cuore, fino a farle entrare dentro di noi.

Queste due opere non dipingono la vita come perfetta e costantemente appagante, ma anzi la ritraggono nei suoi momenti più oscuri, fatti di quell'oscurità in cui non si riesce a scovare l'errore, né la soluzione. È a questo punto che entra in gioco la musica che, come scriveva Schopenhauer, «in quanto è considerata come espressione del mondo, è un linguaggio sommamente universale […]» e risuonando durante scene e azioni o in ambienti « sembra schiudercene il senso più profondo» , quel senso che diventa una fiammella nel buio più pesto.

Nulla ti salva se non sei tu il primo a volersi salvare, ma la musica, secondo Motta e con il nostro accordo, è uno degli alleati più resilienti.
«La musica ti salva così, senza bisogno di spiegazioni, per una sua capacità misteriosa che nessuno capisce.»

(artico a cura di Sveva Serra)

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