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Nikos Kazantzakis pubblicò il romanzo L'ultima tentazione nel 1951, creando scalpore e dando il via ad una lunga serie di polemiche. Il libro racconta gli ultimi momenti della vita di Cristo quando, sul punto di essere crocifisso, viene sfidato da un'ultima, potentissima, tentazione. A causa di quest'opera l'autore venne scomunicato dalla Chiesa ortodossa greca nel 1953. Kazantzakis rispose con una sola frase telegrafata: "Ad tuum, Domine, tribunal appello" (cioè “Mi appello al tuo tribunale, o Signore"). Non fu però l'unico atto della Chiesa contro l'autore cretese, infatti questa boicottò anche la sua candidatura al Nobel per la Letteratura nel 1956, che alla fine fu vinto (per un solo voto) da Albert Camus.

Comprando questo libro ci si aspetta di trovarsi davanti a qualcosa di simile al Vangelo secondo Maria di Barbara Alberti (di cui vi abbiamo già parlato). Leggendo solo la trama infatti si sospetta che, come la Alberti ha cambiato la storia per Maria spingendosi ai limiti del blasfemo, anche Kazantzakis l'abbia cambiata per Gesù – e invece non è così. Certo, egli cambia dei dettagli, romanza una storia sacra, ma non ne modifica il fulcro. L'ultima tentazione si rivela essere uno dei libri più religiosi che si possano leggere. Sin dal prologo infatti è evidente che Kazantzakis non avesse alcuna intenzione di offendere i cristiani e che chi lo ha accusato di blasfemia e/o infamia ha assolutamente preso un abbaglio. Kazantzakis con questo libro si dimostra il più cristiano dei cristiani perché tiene conto della possibilità che anche Gesù, uomo come noi, possa essere stato tentato dai piaceri della vita. Dimostra però poi la sua irremovibile fede narrando che sì, è stato tentato, ma no, non ha mai ceduto.

«Sono certo che ogni uomo libero che leggerà questo libro pieno di amore amerà Cristo più che mai, meglio che mai.»

Ad un certo punto dell'opera, quando Gesù viene tentato dal desiderio di una vita terrena fatta di figli, famiglia e un lavoro onesto, si crede che l'autore voglia in qualche modo appoggiare il messaggio di Nietzsche (che Kazantzakis studiò e apprezzò), secondo cui dovremmo vivere al massimo questa vita perché è l'unica che abbiamo, dal momento che non ce ne sarà un'altra dopo la morte. E invece è solo un'illusione in cui l'autore fa cadere i lettori per poi tirarli fuori da essa poco dopo, mostrandoci quanto forte è la sua fede. È plausibile immaginare che Kazantzakis abbia dubitato nella sua vita ma che poi, proprio con la scrittura di questo libro, si sia riavvicinato alla religione.

«Scrivendo questa confessione […] ero commosso al punto che gli occhi mi si riempivano di lacrime; non avevo mai sentito con tanta dolcezza, con tanto dolore il sangue di Cristo cadere a goccia a goccia nel mio cuore.»

Le polemiche si riaccesero nuovamente nel 1988, quando il regista Scorsese realizzò il film L'ultima tentazione di Cristo ispirandosi al romanzo di Kazantzakis. Il film venne criticato tanto quanto il libro e scatenò addirittura proteste ed episodi di violenza in Grecia, Italia e Francia contro i cinema che lo proiettavano. A tal proposito Pierluigi Di Pasquale, esperto di cinema, ha scritto nel 2024 il saggio L'ingiusto processo al Gesù di Scorsese. La nuova «inquisizione» contro «L'ultima tentazione di Cristo».
Nikos Kazantzakis morì di leucemia nel 1957. La Chiesa ortodossa impedì la sepoltura presso la Cattedrale di Atene, motivo per cui la sua tomba oggi si trova sul bastione Martinengo di Heraklion. Il suo percorso sulla terra non è stato dei più felici, speriamo perciò che Kazantzakis adesso sia nel regno dei cieli in cui ha sempre sperato e segretamente creduto.

(articolo a cura di Sveva Serra)

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